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Martedì 7 Maggio 2024

Rodì Milici

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Indirizzo: Piazza Gaetano Martino 1 – 98059 Rodì Milici (ME)

Telefono centralino:090.9741775 - Fax Municipio: 090.9741657

Stato: Italia

Regione: Sicilia

Provincia: Messina

Zona: Italia Insulare

Latitudine: 38° 6' 35,64'' N

Longitudine: 15° 10' 12,36'' E

Altitudine: 125 m s.l.m.

Superficie: 36,55 km²

Perimetro comunale:

Comuni limitrofi: A est: Castroreale; a nord e ovest: Terme Vigliatore; a ovest: Mazzarrà Sant'Andrea, Novara di Sicilia; a sud: Antillo, Fondachelli Fantina

Frazioni:Case Bruciate, Pietre Rosse Località: Finata Mazzarrà, Morti, , Rodì

Abitanti: 2.149  (30-04-2012)

Densità: 58,8 ab./km²

Nome di Abitanti: rodiesi (rudioti) e milicesi (milicioti)

Sito Internet: http://www.comune.rodimilici.me.it

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Codice Fiscale:00180620833

Codice Istat: 083075

Codice Catasto:H479

Santo Patrono: San Bartolomeo

Giorno festivo: 24 Agosto

Descrizione Araldica dello Stemma:

Tagliato di azzurro e di rosso, alla sbarra ristretta, inchiavata d'argento e d'oro; nel primo riquadro alla ruota dentata d'argento, attraversata in palo da una spiga di grano d'oro; nel secondo riquadro alla croce di Malta d'argento. Ornamenti esteriori da Comune

Blasonatura del Gonfalone

Drappo partito d'azzurro e di rosso riccamente ornato di ricami d'argento e caricato dello stemma comunale con l'iscrizione centrata in argento: "Comune di Rodì Milici"

Partizione del Campo: Tagliato Simboli: Spiga di Grano Colori: Argento, Azzurro, Oro, Rosso

Decreti:

Da vedere:

Chiese:

Chiesa S. Maria delle Grazie e S. Giovanni Battista, fu costruita durante il periodo normanno-svevo (XII-XIII sec.). Nel 1627 fu aggregata al Gran Priorato dell’Ordine Gerosolimitano. Testimonianza di ciò è la lapide in marmo posta sulla facciata della Chiesa, recante impresso lo stemma dell’Ordine.

In essa si conservano preziose tele di epoca tardo-rinascimentale e, degna di nota è: la statua della madonna dell’alloro, opera della scuola del gagini (xvi sec.). 

Chesa dei Santi Rocco e Biagio, risale al XVIII secolo, con il prezioso altare di stile barocco, artisticamente lavorato, su cui si erge la Statua in legno del Santo. Essa costituisce una significativa testimonianza di architettura chiesastica di detto secolo. La Chiesa sorge nella parte antica del centro abitato, in località Milici, lungo la strada principale che attraversa il paese collegandolo ai centri limitrofi. 

Chiesa di San Bartolome, epoca tardo rinascimentale (XVI – XVII sec.), in questa vi è custodita la Statua di S. Bartolomeo apostolo. Il simulacro in marmo, opera di Andrea Calamech, fu eseguito nel 1579, su incarico di Minico Policza da Castroreale.

Chiesa di San Filippo (XVI – XVII sec.), con l’artistica statua in legno del Santo

La Chiesa Dell’idria, divenuta successivamente (XIX sec.) Chiesa dell'Immacolata, dove è custodito un dipinto, olio su tela, raffigurante la Madonna dell’Idria.

A tal proposito si dice che un’imperatrice avesse portato il quadro della Madonna, da Gerusalemme, dove era stato dipinto da San Luca.

Percorso Turistico - Archeologico - Architettonico E Paesaggistico

Necropoli Di Monte Grassorella O Gonia

Si tratta di tombe a grotticelle  ed in prevalenza di tipo a forno, dell’età del bronzo (XVIII° - XVI° sec. A.C.) e di età protostorica  (IX – VIII° A.C.). In queste, durante i lavori di scavo sono state rinvenute fibule, pissidi, scodelle, uno spillone cruciforme in bronzo e molti altri reperti, custoditi nel museo di Lipari.

Longane

L’esistenza di questa antica città è documentata dal ritrovamento di un moneta d’argento e di un caduceo di bronzo, durante gli scavi del 1951/1952. 

Su una propaggine montuosa che, partendo dai Monti Peloritani avanza verso, era posto l’abitato della città di Longane (VI – V sec. a.C.), la cui acropoli è da identificarsi con il monte Ciappa.

Fra i reperti collegati a questa grande città possiamo enumerare: un fortilizio databile intorno al 13° sec. , i cui ruderi ancora sono visibili sulla cima del Pizzo Cocuzzo, una cinta di fortificazioni, e i ruderi di un fabbricato.

Resti fattoria periodo ellenistico

Scavi effettuati nel 1997 hanno portato alla luce, sul Monte Grassorella resti di una fattoria riconducibile al 350/300 a.C.. Sono stati rinvenuti, oltre ai muri perimetrali, una grossa macina ed un cisterna.

Sono venute alla luce, inoltre,  tombe di età ellenistica, in cui, oltre al corredo funerario, sono state rinvenute monete risalenti alla metà del 3° secolo a.C..

Arco del poeta

L’Arco del Poeta di stile medievale, secondo alcune fonti, introduceva al Palazzo Basilicò del XVI sec..

Secondo la tradizione è testimonianza dell’esistenza nel territorio di una sezione della Scuola Poetica siciliana nell’epoca federiciana  (XIII° sec.).

Palazzo Colloca

Il Palazzo Colloca sorge in Piazza Immacolata accanto all’omonima Chiesa, è del secondo decennio del XVIII° secolo.

E’ stato edificato in occasione della venuta a Rodì del vicerè Annibale Maffei, questo manufatto è stato classificato di interesse storico. 

Punto Panoramico, Piazza S. Filippo

Da qui si può ammirare un paesaggio stupendo, ad ovest capo Tindari, quindi  la perle del Tirreno: le isole Eolie e Capo Milazzo.

Su questa piazza sorge la Chiesetta di S. Filippo d’Agira del XVI° sec..

Resti Antica Città di Rhodis

Testimonianza tangibile dell’esistenza di un abitato sulla sponda del torrente Patrì è la cosiddetta Cupola rosata, portata completamente alla luce durante gli scavi eseguiti nel 1989.

La Cupola è stata identificata con l’antica Chiesa di San Bartolomeo, si tratta del più prezioso reperto superstite della città di Rhodis-Solaria-Artemisia, sommersa dalle acque del torrente, durante l’alluvione del 1582.

Dopodiché la popolazione si insediò a monte, costituendo quello che oggi è l’abitato di Rodì.-

Palazzo dei Cavalieri di Malta

L’ordine dei Cavalieri di Malta fu presente nel territorio dal 1210, quando ricevette in dono da Federico II, il Casale di Milici, al 1800.

 Durante il periodo di massimo splendore dell’Ordine, fu edificato questo palazzo rimasto alla storia con il nome di Palazzo dei Cavalieri di Malta o di San Giovanni Gerosolimitano, si può ammirare il caratteristico portale ad arco in pietra arenaria, sormontato da una lapide che riproduce l’aquila reale con la croce dei Cavalieri.

Accanto al Palazzo, sorge la Chiesa di S. Maria delle Grazie e S. Giovanni Battista, costruita nel periodo Normanno-Svevo.

Lavatoio Cavalieri di Malta

E’ ubicato in via Giardino, nelle vicinanze dell’omonimo palazzo. E’ un’antichissima costruzione di pietra e malta e la sua appartenenza all’Ordine Militense è testimoniata dall’incisione della croce ottagona stemma dei Cavalieri di Malta.

Fontana del canale

E’ posta in Via Messina, di importanza storico-culturale la fontana o lavatoio risale al 1631  epoca del regno di Filippo IV°, come testimonia un lapide di marmo in cui vi è inciso il nome di Filippo IV° re di Spagna.- 

Artistico biviere

Caratteristica principale di questo manufatto, sito in via Garibaldi - fondo Presti, è un putto in pietra arenaria e maioliche policrome riproducenti, ai lati: due vasi di fiori mentre al centro vi è disegnato un leone.

Torre Medievale

L’immobile denominato “Torre del Kaid” fu residenza, secondo la tradizione, di un condottiero arabo, fa parte di un sistema di avvistamento risalente al periodo compreso tra il XII ed il XIII secolo. I suoi ruderi si trovano in c.da Bernardello.

Feste Patronale:

Lunedì di Pasqua – Festa Della Madonna Dell’alloro

Si celebra nel centro di Milici. Trattasi di una festa esclusivamente ecclesiastica.

La statua della Madonna, è in marmo bianco, opera forse degli allievi della scuola del Gagini, che la tradizione popolare vuole sia stata tradotta qui, dall’antica città di Rhodis, (oggi sepolta sotto il greto del torrente Patrì, tranne alcuni resti portati alla luce durante una campagna di scavi).

La processione si snoda per le stradine del piccolo centro fra i canti dai fedeli, delle fanciulle vestite di bianco ed al suono della banda musicale. In occasione della festività, la Chiesa di piazza S. Maria a Milici viene ornata di rami di alloro benedetto, e tutti ne prendono un ramo per devozione.

Al rientro la confraternita  intitolata a Gesù e Maria canta il “Dio ti salvi o Regina” e dopo c’è il canto di un’antica preghiera in dialetto che così recita:

“Un nomu divinu/dal cielu scindìu/u primu fu Diu/chi dissi Gesù

Ancora a Giuseppi/l’Arcangiulu dissi/chi nterra scindìu/stu nomu di Gesù

Trema Lucìfuru/cu tuttu l’infernu/s’arrabìa in eternu/sintendu Gesù

Evviva Maria/Maria Evviva/Evviva Maria/Evviva Gesù …../ Viva Mariaa!”.

 12 Maggio - Festa di S. Filippo d’Agira - Compatrono

 In passato a Rodì esisteva una confraternita intitolata al Santo e probabilmente si componeva di soli abitanti del quartiere omonimo “S. Filippo”.

Si dice che i confrati avessero una divisa con cappa rossa e camice bianco, dirigenti, cassiere, tamburo e stendardo lungo.

S. Filippo ha il viso nero, perché secondo la tradizione popolare proveniva dall’Africa. E’ rivestito degli abiti sacerdotali, quelli tradizionali.

La statua del Santo è custodita nell’omonima Chiesetta, la cui costruzione risale al 1702, che si trova nella parte più alta del paese, il rione S. Filippo, dove, secondo la tradizione, fu proprio il Santo a volere la propria dimora.

A Rodì, la mattina del suo giorno, il Santo viene portato nella Chiesa dell’Immacolata, e poi di là viene portato per le vie del paese.

La processione in passato aveva certamente forme più solenni e, comunque caratteristiche più marcate e paesane; ma qualcosa di quel passato rimane ancora: nelle dita del Santo, infatti, si mette un fascio di spighe di grano che proprio in Maggio comincia a maturare.

Oltre che con la processione per le vie del paese, la devozione a San Filippo si esprime con parole e gesti semplici e popolari.

La statua del Santo veniva esposta “ntò chianu di San Fulippu” nei giorni di tempesta di vento di scirocco, perché si calmasse.

Si dice, che una volta, mentre sotto la spinta dello scirocco, il fuoco stava per arrivare a Milici, il Santo, esposto nel piano della Sua Chiesa, abbia fatto intervenire  “a libbìci”, vento contrario, salvando il paese.

San Filippo è invocato anche per liberare gli indemoniati, e perché fosse vigile a svegliare dal sonno chi lo avesse pregato prima di andare a letto.

Dopo la processione, prima del rientro in Chiesa, al suono della musica e tra spari di giochi d’artificio, si inneggia al Santo con il seguente canto:

Filippo amabile, glorioso e Santo

Del nostro popolo sei gloria e vanto

Accogli i voti dei figli tuoi

Volgi lo sguardo pietoso a noi.

Rit. Salve o nostro protettore*

* “intercessore” secondo una nuova interpretazione

Salve o Santo prodigioso

Rendi degno il nostro cuore

Delle grazie del Signor

Tu che ogni affetto vano e terreno

Fuggisti sempre come il veleno

ecco t’offriamo il nostro cuore

prendilo e infiammalo di santo amore.

Rit. Salve etc……

Con la tua prece festi calmare

le minacciose onde del  mare

donaci ancora forza e aita

nelle tempeste di questa vita.

Rit. Salve etc……

Se la tua lingua già per incanto

tosto si sciolse a nuovo canto

fa’che pur noi pieni d’amore

sciogliamo un canto al Redentore.

Rit. Salve etc……

Tu che cacciasti da Argirone

E Vallelunga il gran demone

Fa che egli stia lungi da noi

Tu ci proteggi siam figli tuoi.

Rit. Salve etc……

Anche la morte ti fu soggetta

Ridando ad un giovane vita perfetta

Ridona ancora novella vita

All’alma nostra ch’è già perita.

Rit. Salve etc……

Ma se Atanasio fece ricorso

A te colpito da fiero morso

E lo sanasti Santo Avvocato

Deh, tu ci liberi d’ogni peccato.

Rit. Salve etc……

Mentre il nemico nostro infernale

Ovunque sparge l’onda del mare,

Su questo gregge spargi pietoso

le grazie, santo miracolo.

Rit. Salve etc……

Or se con preci pie e potenti

Tu liberasti molti innocenti,

ognor da infamia da gente ria

libera, o Santo, ogni alma pia.

Rit. Salve etc……

Quando è poi giunta l’ultima sera

Di nostra vita, deh! Tu allora

Fa che già ricchi d’ogni virtù

Possiamo teco goder Gesù.

Rit. Salve etc……

Prima Domenica d’agosto – Festa dell’Immacolata Concezione – (Anticamente Madonna dell’Itria)

La Festa, dedicata alla Madonna, è celebrata nella Chiesa omonima, sita in Rodì – Piazza Immacolata.

Anticamente, si dice, che l’Immacolata, fosse chiamata “Madonna dell’Itria”: salvata dalle acque.

Probabilmente sulle spiagge del nostro mare al  tempo dell’ iconoclastia  furono  rinvenute, gettate dalle onde, o vendute da marinai statue od icone di Madonne e di Santi.

Ad avvalorare l’ipotesi che la statua della Madonna fosse venuta dalle acque è una preghiera per i giorni della settimana che così recita:

“Mattidì la Crèsia ndi invita/e tutti quanti l’avèmu a-lludàri/evviva nostra
Matri di la Lìtria/ chi di li Turchi fu-gghittata a-mmàri/ntà na cassetta la truvàru misa/e ddù vicchètti a er’a-pigghiàru”.

La storia di S. Maria dell’Itria ebbe traversie di diverso genere. Certa, però è la data del 21 dicembre1738, giorno in cui si fondava la “Congregazione dell’Immacolata Concezione”. Detta Congregazione in seguito fu trasformata in “Fratellanza” che si chiamò “dell’Immacolata”.

I “fratelli” avevano camice bianco e mantellina azzurra, il Superiore portava il bastone dorato con una piccola croce in cima, due aiutanti lo accompagnavano con bastone senza croce; i tre nelle funzioni solenni sedevano su un bancone posto a destra, appena dentro la Chiesa; i confrati portavano, nelle processioni della settimana santa, il cappuccio e si battevano col cilicio.

Un Rosario veniva recitato in Chiesa da tutti i confrati, la domenica pomeriggio.

L’attuale, pregevole immagine della Madonna, tutta in legno, forse è opera di artigiani di Messina che la consegnarono nel 1854. Rappresenta una bella Signora con le mani appena congiunte, la testa leggermente voltata da un lato e l’espressione regale, sta posata su un globo e coi piedi schiaccia il classico serpente.

Prima domenica dopo il 16 agosto – Festa in onore di S. Rocco

 San Rocco è il patrono di Milici.

La celebrazione liturgica di San Rocco cade il 16 Agosto, in ricordo della sua morte, avvenuta, secondo alcuni storici il 16 Agosto del 1327, quando aveva 32 anni.

A Milici, però, la grande festa si celebra la Domenica successiva.

Anticamente, molti giorni prima della festa, iniziava la sua preparazione con la raccolta di generi in natura, raccolta che proseguiva anche dopo la festa.

L’uomo incaricato salutava “u massàru e tutto l’antu” augurando un raccolto decuplicato e aggiungeva: “Santu Rroccu vvi salùta!” e poi riceveva un’offerta di grano per il Santo, così poteva avvenire al tempo del raccolto dei legumi, dell’olio o del mosto.

Quella di San Rocco viene detta “a festa di carùsi”, e a ragione, infatti il momento più caratteristico è dato dai “miraculi”. Alle due del pomeriggio nella gran calura di Agosto, il simulacro del Santo viene portato fuori dalla Chiesa di S. Maria.

Un colpo secco di mortaio dà il segnale; Santo Rocco compare nel vano della porta della Chiesa, la varetta, spoglia di fiori e di ornamenti, scende i pochi gradini del pronao e ha subito inizio la corsa. A suon di musica il Santo, sobbalzando viene portato di corsa intorno al perimetro del Piano di Santa Maria e, a intervalli, fermato improvvisamente.

I genitori, le mamme in particolare, a questo punto accorrono per posare i loro bambini sul fercolo del Santo, affinché, miracoloso, interceda per loro e li faccia crescere sani e robusti e li liberi dai pericoli.

La “corsa” pare, che simbolicamente rievochi o rappresenti i viaggi veloci del giovane Pellegrino di Montpellier che correva in aiuto degli appestati.

24 Agosto – Festa di S. Bartolomeo

S. Bartolomeo è il patrono di Rodì. La festa è puramente ecclesiastica e si conclude con la processione del Santo per le vie del paese, la Santa messa e con lo sparo dei giochi d’artificio.

La sua Statua, è del 1579,  in marmo bianco, è opera del Calamech ed è custodita nell’omonima Chiesa, la cui costruzione risale presuntivamente al 1616; la data, comunque, da ricercare è quella del famoso disastro del fiume (l’attuale torrente Patrì).

Da qui un rispetto quasi religioso per questo enorme torrente che si allarga a dismisura davanti all’abitato, un timore riverenziale, che qualche anziano ancora esprime con queste parole in rima:

“Vi salutu bon fiumi

iò vi sacciu i vostri custumi

trùbbilu siti e trùbilu vi lassu

quando siti sciuttu iò vi passu”

 La storia di S. Bartolomeo è legata a questa storia, che nel contempo si mescola con la leggenda:

Narra la tradizione che, nei giorni precedente la fuga del fiume, sembrava che si fossero aperte le cateratte del cielo e fosse venuto il tempo di un nuovo diluvio.

Ma acqua non ne calava ne fiume, … Un cavaliere - qualcuno più tardi dirà S. Giorgio in persona, allarmato da quella strana secca del fiume e intuendo il pericolo galoppò a spron battuto verso Catalano per vedere coi propri occhi cosa stava succedendo alla strettoia di quella contrada.

Vide che un’enorme quantità d’acqua si era raccolta in quella conca; corse di nuovo in città gridando per le strade e per le piazze: “Cristiani! Chi si può salvare, si salvi!” Tutti fuggirono portando seco, narrano gli antichi, ciò che potevano, ma specialmente i simboli della religione, la cose sacre a cui molti tenevano, i Santi.

La grande statua di marmo di S. Bartolomeo, con enorme fatica, fu issata su di un carro a cui furono aggiogati, raccontano, sette pariglie di buoi.

Nessuno aveva scelto dove andare se a Milici o in qualche altro paese circonvicino più al sicuro. Ognuno, com’era costume in ogni società tradizionale, sarebbe andato ad abitare là dove avrebbero costruito la nuova Chiesa per il Santo Protettore.

Raccontano gli antichi che, essendo i buoi pronti con la statua del Santo sul carro, tutto il popolo riunito, quasi attendesse un segno per dirigersi verso la località che il cielo avesse indicato, si mise a gridare:

« San Bartulumeu du Castru! » E i bovari picchiavano e pungevano con le “ugghiàte” le bestie perché si muovessero verso quella direzione, ma i buoi rimanevano fermi, poi:

« San Bartulumeu di Petrunutaru! » e i buoi niente. Così, gridando e invocando, nominarono tutti i paesi circonvicini, ché se i buoi fossero corsi verso uno di quelli, era segno evidente che il cielo voleva i “Rudioti” mischiati alle genti di quel paese, con la conseguenza , che avrebbero perduto la loro identità. Ma alla fine qualcuno gridò:

« San Bartulumeu di Rudì! » e i buoi, quasi fossero stati percossi da una mano invisibile, si diedero a precipitosa corsa verso i luoghi dove ora sorge la Chiesa di San Bartolomeo apostolo.

 Prima domenica di settembre – Festa di Maria SS. di Lourdes

La festa della Madonna di Lourdes risale al 1919, quando un gruppo si soldati della parrocchia di San Bartolomeo, prima di partire per il fronte, fecero voto alla Vergine, promettendole che, se avessero ottenuto la grazia di ritornare sani e salvi a casa le avrebbero celebrato una festa ogni anno. Questo voto, insieme alla devozione, ha dato origine alla celebrazione annuale, fissata per la prima domenica di Settembre.

La vigilia e la prima domenica di Settembre, tutte le strade vengono illuminate in modo sfarzoso ed anche le più piccole ed i vicoli hanno la loro fila di lampadine; in passato mancando la luce elettrica, avrebbero supplito le lumiere che, a decine, le donne mettevano sui davanzali delle finestre: uno spettacolo unico e suggestivo.

Si innalzavano, pure, archi trionfali di palme e rami di oleandri e, al passaggio della processione, nei buchi dei muri venivano accesi i “bbarbàschi” (un arbusto a forma di grossa e lunga candela ritorta, che si trova in abbondanza sulle nostre colline).

Da non dimenticare un’altra usanza: nel pomeriggio del giorno della festa, venivano fatti alzare degli enormi palloni colorati a forma di animali o di mostri, gonfiati con una fiammella; tutti guardavano in alto, fino a quando, molto in alto, l’involucro diventava un puntino indistinto e lontano.

Ma la devozione alla Madonna si dimostrava anche “mbuttandu”, cioè portando a spalla la maretta.

Il giorno della festa, la vara con la Madonna Bellissima, ornata di splendidi fiori, con lo stellario e “u faddàli” coperto di oro, viene portata a braccia sulla piazza, appena oltre la soglia della Chiesa al suono delle campane e della banda e tra il frastuono degli spari.

All’uscita della Madonna , un tempo la fratellanza formata da soli uomini, ora i figli e i nipoti di quegli anziani intonano la “Salve Regina”. Il canto è amebeo, cioè a cori alternati. Infatti, discoste alquanto, staranno le donne e risponderanno ripetendo ogni verso. Quello della Salve Regina è, senza dubbio, il momento più emozionante della processione e della festa stessa. Il canto così recita:

Salve del ciel regina

Maria di Massabielle

Tu sei di vaghe stelle incoronata

Di bianca veste ornata

Ti vide Bernardina

Con fascia celestina e bianco velo

Madre con tanto zelo

Per l’uomo sospirasti

E poi tutti chiamasti a penitenza

Con grande tua clemenza

Scopristi nella grotta

Una fonte dirotta e prodigiosa

Maria Madre amorosa

Quanti prodigi e quanti

Ai figli di Eva erranti hai conceduto

Per te parlano i muti

Risuscitano i morenti

E i ciechi alla sorgente aprono gli occhi

Mi prostro ai tuoi ginocchi

Madre clemente e pia

Tu impetraci o Maria il Paradiso

Tu che raggiante in viso

Dicesti o madre amata

Io son l’Immacolata Concezione

Di fior queste corone

accetta o mia Regina

o stella mattutina Immacolata

o stella mattutina Immacolata 

Viva la Gran Signora Maria!

Eventi Culturali:.

I Mesi dell’Anno - Rodì Milici (Carnevale)

I Mesi dell’Anno rientrano nella tipologia dei Carnevali "strutturati" (Allegoriche), quelli cioè che prevedono una prescrittiva e inderogabile forma rappresentativa. Più in particolare, nel caso di Rodì Milici, si fa anche riferimento ad un copione, dove sono riportate le "parti" che ogni singolo Mese, il Re, il Poeta e il Borghese - questi i protagonisti dei cerimoniale - devono interpretare, nel rispetto di un modello recitativo-declamatorio, affine a quello un tempo usato dai cantastorie e dagli opranti.

A differenza poi di altri rituali carnevaleschi messinesi, i Mesi dell’Anno di Rodì Milici vantano, o per lo meno così riferisce la tradizione, un’origine storica ben precisa. Sembra, infatti, che sia stato il poeta don Peppe, nel 1880, a introdurre la rappresentazione in paese, prendendo a modello un’analogo rituale in uso nel Catanese.

La rappresentazione ha luogo nelle prime ore della domenica e del successivo martedì Grasso. I dodici mesi distinti da un mascheramento referenziale allegorico, realizzato con soluzioni povere ma di grande efficacia visiva ed evocativa, un tempo in groppa a degli asini e oggi su cavalli, anche loro bardati a festa , e accompagnati dai loro attendenti, giungono in piazza.

Qui, a turno, con fare minaccioso si rivolgono al Re (Principi, Re e Cavalieri) e, dopo, aver vantato i privilegi insuperabili che recano al benessere della comunità, chiedono, nella provvisoria inversione dei ruoli che mette in crisi l’autorità costituita, in maniera perentoria ed esclusiva la corona, espressione massima dei potere. Spetterà al Poeta, alla fine delle appassionate perorazioni dei Mesi, il compito di ricomporre l’insanabile conflitto, ristabilendo così le consolidate certezze del vivere quotidiano;

... Siete come la fame con la sete/e l’uno e l’altro non vi dis’amate/va bene che il mondo sostenete/ma un solo Dio regna in Trinitate... Il Re, dal canto suo, invita alle danze l’inquieto corteo dei Mesi, ... Fra suoni e balli ci abbiamo scialato, ognuno bada per darsi aiuto... La parte finale del copione, che chiude e suggella il cerchio allegorico del cerimoniale, è recitata dal cosiddetto Borghese, una sorta di io narrante, identificatile con l’autore dei versi, che esalta la figura del Re e non solo quella allegorica, ma anche quella storica.

Eventi Gastronomici:

Eventi sportivi:

Curiosità:

I Cavalieri dello Smom - Un'antica presenza dei Cavalieri di Malta nel territorio del Gran Priorato di Messina

 La Fondazione Melitense Donna Maria Marullo di Condojanni, nel contesto delle celebrazioni dei novecento anni di vita dell'Ordine di Malta, nell'adempimento dei suoi fini istituzionali di tutela del patrimonio appartenuto ai Cavalieri di Malta e di valorizzazione delle memorie storiche della nobiltà messinese, aveva più volte auspicato il recupero del palazzo che fu dei Cavalieri di Malta a Milici, oggi frazione del comune che, proprio in memoria dei Cavalieri porta il nome di Rodì.

A seguito di opportune iniziative la comunità civile di quel centro ha dato vita ad una associazione denominata “Itaca Onlus” ed ad una omonima entità culturale per Studi Melitensi che molto si è adoperata per il recupero del bene architettonico, ancor oggi in parte nel patrimonio di privati.

Oggi la Popolazione di Rodì e le Istituzioni messinesi del Sovrano Ordine salutano l'inizio dei lavori di restauro del Palazzo dei Cavalieri di Malta a Milici, sperando che esso venga completato al più presto, come già avvenuto, nel quadro dell'originario programma di interventi della Fondazione Ma rullo, con il campanile della Chiesa di San Giovanni, a Termini Imerese, restituito al pristino splendore, con ai piedi lo scavo archeologico di quella che fu la Chiesa di San Giovanni Termitano, posta sul più importante promontorio dell'area, protesa sul mediterraneo, oggi villa comunale, con intorno i maggiori resti archeologici di epoca romana e medievale.

Ma vediamo la storia dei Cavalieri a Milici: l'otto marzo 1211 Ermanno de Striberg, Conte di Gesualdo, dona all'Ordine e alla sua Domus Hospitalis di Messina, il casale di Milici.

L'anno dopo, con un altro diploma, nel mese di gennaio, Federico II°, re di Sicilia, conferma la donazione. Inizia così, l'ennesimo capitolo della millenaria storia di Milici e delle terre che prendono il nome da una delle importanti sedi dei Cavalieri, Rodi, isola greca di fronte alla costa turca, per alcuni secoli sede dei i cavalieri gerosolimitani, baluardo cristiano contro i turchi.

A Milici il toponimo Rodi, forse, prende l'accento sulla i e diviene Rodì, per le note influenze francesi all'interno dell'Ordine o successivamente, proprio nel periodo della dominazione francese in Sicilia.

Oggi i suoi abitanti vogliono essere gelosi custodi della storia patria e, allo stesso tempo, validi divulgatori della memoria, consapevoli come sono, dell' enorme patrimonio di valori che hanno rappresentato, nell'Europa cristiana, i Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme di Rodi e di Malta.

L'odierno concretizzarsi dell'avvio dei lavori di restauro di parte del Castello dei Cavalieri, voluto dall'Amministrazione comunale precedente, e tanto auspicato dalla Fondazione, lascia sperare in una maggiore sensibilizzazione dell'intera popolazione verso il proprio passato.

Solo, infatti, da una profonda conoscenza della storia, può nascere il forte senso di appartenenza alle comuni radici che è proprio delle comunità più progredite. E non risulterebbe poi così difficile pensare ad un immediato futuro, nel quale il comune di Rodì Milici possa integrarsi con tutti i comuni Siciliani che ospitano vestigia Melitensi, per dar vita ad un percorso storico-turistico regionale, come ipotizzato in un recente convegno organizzato dalla Fondazione, che consenta la fruizione del bene restaurato che vanta storia antichissima, come l'istituzione che ancor oggi testimonia.

L'Ordine di San Giovanni, esisteva a Gerusalemme già nel 1099, data storica. Circa la vera data di origine nulla di documentale esiste, se non la memoria del suo fondatore Gerardo, Amalfitano, presumibilmente monaco benedettino, santificato, per antica tradizione, con il nome di Beato Gerardo.

Reliquie del suo Capo sono venerate a Scala, sua città natale, a Malta ed in Sicilia. Da alcuni, a secondo della convenienza,si vuole anticipare la data di fondazione dell'Ordine dei Gerosolimitani al 1050. Si tratta di pura fantasia, orgoglio nazionale, tendente a rinnovare la pretesa origine francese del fondatore dei Cavalieri di Malta.

Un'invenzione di ricorrente marca nazionalista, legata al periodo della prevalenza francese nel governo dell'Ordine, che rivendicava la gloria di aver dato i natali a Gerardo Thunc o Tonc, di cui altro non si sa, se non che per congetture a posteriori, poteva essere in vita nel 1040. La frase dell'equivoco, correttamente interpretata, non lascia alcun dubbio:Gerardus tunc magister( Gerardo al tempo Maestro).

In pratica il tunc, interpretato tonc, divenne nella fantasia il cognome di un personaggio che sarebbe nato in Francia.

Gerardo e i suoi confratelli, di stretta fede cattolica, e sembra di regola benedettina. si occuparono inizialmente dell'assistenza ospedaliera ai pellegrini in Terra Santa, successivamente, dopo le prime crociate e la costituzione del Regno di Gerusalemme, l'Ordine adottò una vera propria regola, poi documentalmente approvata dal Papa Pasquale II con bolla del 1112, con lo scopo di proteggere i pellegrini ed i malati in genere, ma sopratutto nei confronti delle minacce mussulmane: i Giovanniti, meglio detti Ospedalieri, divennero man mano un ordine militare, prendendo quale simbolo la croce ottagona bianca. Una croce ad otto punte, simbolizzanti le otto beatitudini.

L'Ordine, già dalla presa di Gerusalemme, era costituito da nobili cavalieri cattolici delle più importanti Nazioni occidentali, scelti tra i figli cadetti delle nobili famiglie d' Europa.

Dopo la sconfitta dei Cristiani in Terra Santa nel 1291, i Cavalieri si videro costretti a fuggire a Cipro e poi, ancora, inseguiti dai mussulmani, peregrinando nel Mediterraneo, presero stabilmente terra nel 1310 a Rodi.

In quell' isola, i Cavalieri posseggono una vera flotta navale, con al quale poter contrastare la crescente potenza mussulmana e combattere la pirateria che rendeva insicure le acque del mediterraneo.

Le adesioni di nuovi nobili membri e frati giungevano a Rodi da ogni parte d'Europa, l'Ordine veniva governato dal Gran Maestro, assistito dal Consiglio, aveva propri ambasciatori e rapporti con molte Nazioni europee. Batteva moneta propria.

Nel 1523 le fortificazioni dei Cavalieri di Rodi subirono un pesante assedio da parte dell'esercito del Sultano Solimano il Magnifico, al termine del quale i Cavalieri, rimasti in pochi furono costretti ad arrendersi e dovettero abbandonare l'isola, seppur con gli onori militari dell'avversario che ne volle riconoscere il valore.

Alcuni coloni Rodioti, forse, giungevano così anche nel feudo di Milici fondando Rodì e dove, nel frattempo il Gran Priore di Messina, e amministratore del feudo di Milici era Signorino di Gattinara, cugino di Mercurino, Gran Cancelliere di Carlo V, che tanto si adoperò per far concedere Malta ai Cavalieri rimasti, frattanto senza territorio.

Nel 1530, infatti, il Gran Maestro Philippe de Villers de l'Isle Adam prese possesso dell' isola di Malta, data all'Ordine con la benedizione di Papa Clemente VII°, col simbolico onere feudale della consegna annuale, al re di Sicilia, di due falconi maltesi.

Sotto i Cavalieri, Malta, fu fortificata, ed era Gran maestro dell'Ordine Jean Parisot de la Vallette , quando una mattina del 18 maggio 1565, si presentarono davanti all'isola i Turchi ottomani di Solimano il Magnifico che, con quarantamila uomini ed il supporto di duecento navi, tentarono di conquistare l'isola; era iniziato quello che passò alla storia come il “grande assedio”.

L'assedio di Malta durò, tra inenarrabili sofferenze, fino all'otto Settembre, poi gli ottomani, forse spaventati dalla notizia dell'arrivo di alcune navi inviate dal Regno di Sicilia o forse per l'arrivo della cattiva stagione, che metteva a rischio le loro navi, si ritirarono. Terminato il grande assedio l'Europa intera esultò e i Cavalieri furono acclamati salvatori della Cristianità.

Il pericolo ottomano però non era certo diminuito ed in Europa ci fu una ventata di solidarietà nei confronti dei gerosolimitani. Il Re di Spagna e quello di Francia inviarono ingenti finanziamenti per migliorare le difese di Malta; il Papa Pio IV inviò sull'isola il suo maestro costruttore, Francesco Luparelli, il quale in tre giorni presentò il progetto per la costruzione di una nuova città fortificata. Il 28 marzo del 1566 il Gran maestro Jean Parisot de la Vallette , pose al prima pietra per la costruzione della nuova città che prese poi il suo nome.

Valletta, come ancora oggi è chiamata, fu il risultato urbanistico-architettonico di un moderno piano studiato a tavolino, progettata per essere attraversata da nove strade in lunghezza e dodici in larghezza, tutte normali tra di loro, in modo da costituire una griglia regolare sulla quale edificare le abitazioni; fu costruita, inoltre, la chiesa conventuale dell'Ordine dedicata a San Giovanni Battista, la residenza del Gran Maestro e gli Alberghi che ospitavano i Cavalieri, divisi per nazione o, meglio “Lingue”.

Nel 1571 una coalizione di forze Cristiane, composta dalle Nazioni europee Con i Cavalieri di Malta, annientò la flotta Turca nella famosa battaglia di Lepanto.

Nello stesso anno venivano terminate le mura di Valletta. Nel 1575 venne costruita, sulle rive del porto della nuova città, la sacra infermeria. Questo ospedale, all'epoca, era uno dei più moderni d' Europa: con la sua lunghezza di 165 metri ed una larghezza di 9 metri , poteva ospitare 1000 malati, ognuno con un proprio letto (un vero lusso per l'epoca), pavimenti in pietra e ambienti ben aerati garantivano la salubrità del luogo.

Inoltre, per aumentare le garanzie igieniche, il cibo veniva servito in piatti d'argento e venivano usate posate dello stesso metallo, ogni Cavaliere doveva prestare servizio all'ospedale, almeno una volta la settimana.

Nel 1741, il Gran Maestro Manuel Pinto de Fonseca, avviò un grande programma di sviluppo edilizio che portò l'Ordine, visti gli enormi costi, verso una profonda crisi finanziaria. L'Ordine si vide costretto ad aumentare i tributi richiesti alla popolazione e ciò dette il via alla famosa “rivolta dei preti” una rivolta del clero maltese nei confronti degli aumenti dei tributi richiesti dall'Ordine.

A questo grave episodio si aggiunse il sequestro dei beni dell'Ordine da parte del Direttorio, durante la rivoluzione francese, siamo nel 1792 e i cavalieri perdono gran parte delle loro entrate finanziarie.

Inoltre, nel 1798, l'armata di mare francese, sotto il comando di Napoleone, durante il suo trasferimento da Tolone all'Egitto, chiede il permesso di effettuare il rifornimento di acqua per le proprie navi. Il Gran Maestro tedesco Ferdinand von Hompesh, tradito dai francesi che si rifiutarono di combattere, con il pretesto che non potevano usare le armi contro un sovrano cattolico, autorizza, nel timore di un' invasione senza idonea possibilità di difesa, il rifornimento di 4 navi per volta.

Napoleone approfitta dell'occasione e, entrato nel porto, si impossessa senza colpo ferire dell'isola. I Cavalieri sono costretti a lasciare Malta e divengono esuli. Per Von Hompesh ed i cavalieri inizia un lungo peregrinare: Messina, Catania, e poi su, fino a Roma dove in uno dei momenti più difficili della loro storia stabiliscono la propria sede permanente, sotto la protezione del Papa.

Nella sua storia secolare l'Ordine ha sperimentato molte delle traversie comuni alla maggior parte delle organizzazioni umanitarie di fama. Tuttavia, è grazie al loro ideale religioso che i suoi membri hanno potuto superare i periodi più penosi.

Per prestare fede al proprio motto “Tuitio fidei e obsequium pauperum” , difesa della fede e protezione dei poveri, oggi, l'Ordine di Malta è organizzato in 5 Gran Priorati, 6 Sotto Priorati e 43 Associazioni Nazionali.

E' un Ordine Sovrano e mantiene relazioni con 94 Stati,mediante rappresentanze diplomatiche. E' inoltre Osservatore Permanente presso le Nazioni Unite ed ha Delegazioni presso numerose Organizzazioni Internazionali. Ha siglato un accordo con il Governo Italiano che gli permette di utilizzare quasi 50 milioni di euro l'anno, erogati direttamente dal Ministero del Tesoro, per la cooperazione in campo umanitario e assistenziale.

Questi risultati sono stati ottenuti grazie allo spirito di sacrificio di numerosi gentiluomini Siciliani, primo fra tutti il Balì Conte Don Carlo Marullo di Condojanni, Ricevitore del Comun Tesoro e Gran Cancelliere dell'Ordine che con il suo operato ha transitato l'Istituzione verso il terzo millennio, rendendolo vivo e vitale in tutte le sue componenti, economicamente solido e politicamente apprezzato e rispettato nel contesto degli Stati

Mercati e mostre:

Risorse:

Un tempo Rodì era sede di fabbriche di calce e di laterizi scomparse in seguito all'avvento del cemento e all'emigrazione.

Oggi l'economia si basa quasi esclusivamente sull'agricoltura (uva, olive, agrumi, cereali) e sulla pastorizia.

L'unica industria esistente è un oleificio.

In fase di sviluppo è il turismo

Centri culturali:

Biblioteca comunale popolare “longane”

La Biblioteca Comunale Popolare “Longane” esiste ed opera fattivamente in questo Comune sin dal 1956, attivandosi per lo sviluppo in positivo della vita culturale, sociale ed anche economica, oltre che morale della nostra realtà comunale.

Custodisce un importante patrimonio bibliografico di circa 13.000 pubblicazioni, ivi comprese le videocassette. E’aperta al pubblico tutti giorni feriali escluso il Sabato, per 36 ore settimanali.

Responsabili del servizio:  Sig. Maio Pietro – Capo Area Amministrativa / Dr.ssa Amalia Rossello – Istruttore Direttivo – Trifilò Liliana – Istruttore Amministrativo.

 Civica Galleria d’arte Contemporanea Siciliana

La Galleria d’arte sita in Rodì Milici – Piazza Libertà è ricca di tante opere d’arte che testimoniano l’interesse che Rodì Milici ha suscitato negli anni, chiamando artisti di prestigio. Tutte le Amministrazioni che si sono succedute, spinte dalla volontà di coagulare attorno a questo ingente  patrimonio, l’interesse di studiosi e di cultori dell’antichità e della storia in genere, nel tempo hanno organizzato importanti iniziative nel campo della cultura e  dell’arte pittorica.,  in particolare, istituendo, anche la Galleria d’arte contemporanea Siciliana.

La data di inizio dell’organizzazione di mostre di pittura, fu il 1966, anno in cui, fu organizzato il Concorso di pittura Estemporanea, ripetuto l’anno successivo.

Da quel periodo in poi, numerose inziative del genere sono state portate avanti, basti pensare alla Mostra Nazionale di pittura del 1969, e ad altre manifestazioni, quali: Conoscere Rodì Milici del 1981 – Rassegna di grafica contemporanea “Arte oggi” del 1982 – seconda edizione di Conoscere Ropdì Milici nel 1983 – Estemporanea ad invito del 1986 – Manifestazione dei Murales  del 1987 – Incontri d’arte 1994 , fino ai nostri giorni, nel mese di Agosto di qualche anno fa, infatti è stata organizzata una mostra di pittura, unitamente ad una mostra fotografica denominata “Arte, vita e paesaggio di Rodì Milici”.

Numerosi sono gli artisti di prestigio che hanno partecipato alle varie mostre di pittura e che hanno lasciato le loro opere nella Galleria d’Arte, come: Nino Scaffidi, Donatella Moncada, Ugo Zingales, Roberto Sebastianelli, Bonanno, Pavone, Freiles, De Pasquale, Caputo, Nocera, Sciamè e tanti altri.

Direttore della Galleria d’arte è il pittore Paolo De Pasquale.

Numeri Utili:

Siti nel Comune:

http://www.caminettialiberti.it

http://www.anticasena.it

Impianti sportivi:

Impianto polisportivo – c.da Iarrisi costituito da: campo di calcio, campo da tennis (di c.da Gerbi), campo di bocce.

Strutture Ricettive:

Agriturismo Antica Sena c/da case Bruciate tel. 090.9710158

Personaggi Illustri:

Stefano Munafò (1938), dirigente d'azienda italiano.

Come si arriva:

Rodì Milici si trova lungo la SP 93 di Rodì Milici tra il km 2 ed il km 4. Il territorio di Rodì Milici, è attraversato anche dalla SP97B Fontanelle

Cenni storici:

Il Comune di Rodì Milici, costituito da due agglomerati urbani: Rodì e Milici, è ubicato sulle estreme propaggini dei Monti Peloritani, situato a poca distanza dal mare e dalle arterie principali (S.S. 113 – A/20), è ricco di storia, di arte e di cultura.

I primi insediamenti umani in questo territorio risalgono alla preistoria, come testimonia la necropoli di Monte Grassorella o Gonia.

Antichi insediamenti sono documentati, altresì, dai resti dell’antica città di Longane sul monte Ciappa, dove esistono ancora i resti di una cinta muraria, dal fortilizio di Pizzo Cocuzzo e dal ritrovamento dei resti di una fattoria ellenistica.

Nel corso dei secoli, la città di Longane mutò il nome in Artemisia e si ubicò nella valle del Longano, l’attuale torrente Patrì, dove nel 268 a.C. si svolse la famosa battaglia tra i Mamertini comandati da Chio ed i Siracusani di Gerone II°.

Dopo questa fase si sono succedute varie dominazioni: Romana, Bizantina (fu proprio in questo periodo storico - 682 d.C. - che fu eletto Papa Leone  II° , originario di Milici), seguirono, poi le dominazioni: Araba, Normanna, Angioina e Aragonese.

Durante le ultime tre dominazioni, Artemisia si trasformò in Solarìa, che nel 1148 fu un importantissimo centro politico-amministrativo. Successivamente la città regia di Solarìa decadde a causa di cataclismi e guerre.

Documenti probanti, non legati alla tradizione si hanno a partire dal XIII° secolo, da cui si evince l’esistenza di una Comunità che ha raggiunto un elevato prestigio politico ed un notevole sviluppo economico e civile sotto la giurisdizione dell’Ordine dei Cavalieri di S. Giovanni Gerosolimitano, di cui a Milici  si possono ancora vedere i resti del Gran Priorato (Sec. XIII° -  XV°), con l’attigua Chiesa di S. Giovanni Battista e lo stemma dei Cavalieri, riprodotto in marmo anche sul portale della Chiesa di S. Rocco.

L’insediamento a monte di Rodì, secondo la tradizione, dovrebbe essere avvenuto in seguito alla tragica alluvione del 1582, che secondo la versione tradizionale seppellì l’abitato esistente lungo il torrente Patrì, di cui testimonianza inoppugnabile sono i resti di un’antica Chiesa, con la sua cupola rosata.

Nel corso dei secoli dopo vari avvicendamenti, Rodì e Milici, divennero frazione di Castroreale, dalla cui sudditanza, i cittadini di Rodì e Milici si affrancarono, dopo decenni di lotte, il 10 Maggio 1947, costituendosi a Comune autonomo con il nome di “Rodì Milici”.

Da quando, nel 1947, Rodì Milici ottenne l’autonomia comunale da Castroreale, la sua crescita economica, sociale e culturale è stata inarrestabile  come testimoniano le numerose opere pubbliche realizzate negli anni.

Sicuramente, l’aspetto più importante e rilevante per il quale Rodì Milici è conosciuto anche all’estero, è quello storico-archeologico.

Il sottosuolo ha restituito tesori preziosi, testimonianza tangibile di un passato illustre e composito.

A partire dai primi anni del secolo scorso, fino ad un passato molto recente, a Rodì Milici sono state effettuate importanti campagne di scavi dirette da illustri archeologi del panorama nazionale, quali: Paolo Orsi, Domenico Ryolo, Luigi Bernabò Brea.

Il sottosuolo ha restituito una necropoli risalente all’VIII° secolo a.C., un fortino megalitico dell’antica Longane ed un tempio risalente al VI° secolo a.C. .

Importante è stata l’identificazione da parte degli studiosi, del torrente Patrì con il fiume Longano, teatro di una furibonda battaglia tra  Mamertini e Siracusani nel 268 a.C..

Nel 1996, in una successiva campagna di scavi, coordinata dall’Istituto di Archeologia greco romana dell’Università di Messina sono stati rinvenuti sul Monte Grassorella, i resti di un villaggio rurale di epoca ellenistica (IV° secolo a.C.). Sul monte Grassorella si trovano anche numerose tombe a grotticella di periodo protostorico.

I numerosi reperti archeologici venuti alla luce nel corso degli anni, sono custoditi nei vari Musei nazionali e stranieri; basterà citare il famoso caduceo bronzeo recante l’iscrizione in caratteri greci: “Sono l’araldo pubblico Longanese”, custodito al British Museum di Londra, esposto a Palazzo Grassi a Venezia in occasione della Mostra sui Greci d’Occidente, allestita nel 1996.

Di rilievo, a Rodì Milici, e più specificatamente a Milici,  l’esistenza del palazzo dei Cavalieri di Malta o di S. Giovanni Gerosolimitano con le Chiese recanti lo stemma dell'Ordine, siti nel centro di Milici.

E' storia, infatti, che nel 1210 Ermanno di Striburg fece oggetto della sua generosità l'Ordine Gerosolimitano che a Messina aveva una "domus hospitalis".

Nei documenti così si legge: "Concediamo e doniamo alla casa dell'ospedale di Messina il nostro casale Milizi (Milici), che teniamo per dono e per autorità del Signore nostro illustrissimo Federico, con le selve, le terre coltivate ed incolte, con le condotte d'acqua e con tutti i suoi giusti tenimenti e le due pertinenze, affinché la predetta casa dell'ospedale di Messina, d'ora in poi in ogni tempo, per la remissione dei nostri peccati, tenga il casale stesso, liberamente, pacificamente e quietamente e lo possegga senza molestie o impedimento  alcuno". Milici diventa così sede di questo importante Ordine.

Un passato illustre, dunque, del quale siamo fieri, così come siamo fieri delle nostre tradizioni, dei culti locali, dei prodotti  che offre la terra fertile: il vino, il grano, l’olio, gli agrumi, insieme a tanti altri prodotti genuini, coronano le nostre tavole.

Il vino di Rodì Milici che gli antichi Romani chiamavano “Mamertino” è talmente pregiato che Plinio lo mette al IV° posto tra i centoventicinque che Egli chiama “nobili”. Cesare per celebrare il suo terzo consolato fece servire vino mamertino a tutto il popolo

Etimologia (origine del nome)

La prima parte deriva dal greco rhodia (roseto). La seconda parte deriva dal greco Milici, damelos (melo).

Il Comune di Rodì Milici fa parte di:

Regione Agraria n. 9 - Colline litoranee di Milazzo

Il territorio del Comune è incluso nell'itinerario enogastronomico Strada del Vino della Provincia di Messina. 

Fonte: http://www.comune.rodimilici.me.it

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