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Mercoledì 1 Maggio 2024

Patti

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Indirizzo: Piazza Scaffidi – 98066 Patti (ME)

Telefono centralino: 09412461  -   Fax Municipio:0941240623

Stato: Italia

Regione: Sicilia

Provincia: Messina

Zona: Italia Insulare

Latitudine: 14° 58' 00' E

Longitudine: 38° 08' 00'' N

Altitudine: 157 m s.l.m

Superficie: 50,14 kmq

Perimetro comunale:

Comuni limitrofi:

Gioiosa MareaLibrizziMontagnareale, Montalbano Elicona, Oliveri, San Piero Patti

 Frazioni:

Camera, Case Nuove Malluzzo, Case Nuove Russo, Gallo, Madoro, Marinello, Mongiove, Moreri, Provenzani, San Cosimo, Scala, Scarpiglia, Sorrentini, Tindari

 Abitanti:13.421 (31-12-2012)

Densità: 267,46 ab./km²

Nome di Abitanti: Pattesi

Sito Internet:  www.comune.patti.me.it

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Codice Fiscale: 86000150838

Codice Istat: 083066

Codice Catasto: G377

Santo Patrono: Santa Febronia

Giorno festivo: 5 di Luglio

Descrizione Araldica delloStemma:

Decreti: 

 Da vedere:

Santuario del Tindari

Circa l'origine del culto alla Madonna delTindari, rimontando esso a tempi molto remoti, non si trovano notizie storiche ben definite e criticamente accertate. Esiste però una pia tradizione che non contenendo, almeno sotto l'aspetto dell'ortodossia,alcunchéd'inverosimile e di contraddittorio, possiamo accettare senz'altro, tanto più che si presenta su sfondo storico.

L'origine della devozione alla Madonna Bruna sembrainfattirisalire al periodo della persecuzione iconoclasta.

Secondo la tradizione, una nave di ritorno dall'Oriente, tra le altre cose, portava nascosta nella stiva un'Immagine della Madonna perché fosse sottratta alla persecuzione iconoclasta.

 Mentre la nave solcava le acque del Tirreno, improvvisamente si levò una tempesta e perciò essa fu costretta ad interrompere il viaggio ed a rifugiarsi nella baia del Tindari, oggi Marinello.

 Quando si calmò la tempesta, i marinai decisero di riprendere il viaggio: levarono l'ancora, inalberarono le vele, cominciarono a remare, ma non riuscirono a spostare la nave.

Tentarono, ritentarono, ma essa restava ferma lì, come se fosse incagliata nel porto.

Essi allora pensarono di alleggerire il carico, ma,solo quando, tra le altre cose, scaricarono la cassa contenente il venerato Simulacro della Vergine, la nave poté muoversi e riprendere la rotta sulle onde placide del mare rabbonito.

Sono sconosciuti i luoghi di provenienza e di destinazione dell'Immagine sacra.

Partita la nave che aveva lasciato il carico, i marinai della baia di Tindari si diedero subito da fare per tirare in secco la cassa galleggiante sulla distesa del mare.

Fu aperta la cassa e, con grande stupore e soddisfazione di tutti, in essa fu trovata la preziosa Immagine della Vergine. 

Sorse il problema ove collocarequell'Immagine. Si decise di trasportare il Simulacro della Vergine nel luogo più alto, il più bello, al Tindari, dove già da tempo esisteva una fiorente comunità cristiana. 

La tradizione che fa arrivare la statua della Madonna aTindariall'epoca degli iconoclasti, probabilmente verso la fine del secolo VIII o nei primi decenni del secolo IX, trova motivo dicredibilitànel fatto che Tindarifu sotto la dominazione dei Bizantini per circa tre secoli (535-836); che la Sicilia si oppose con energia all'eresia degli iconoclasti; che aTindari, essendo stata sede di diocesi per circa cinque secoli, fosse fiorente la professione della fede cristiana, e quindi facile l'accoglienza della sacra immagine.

Detta ipotesi, oltre che nelcontestostorico, trova ancora una qualche consistenza in un'ininterrotta tradizione pressoché unanime. 

Il colle del Tindari, così suggestivo, santificato dalla presenza della Madonna, divenne così il sacro, mistico colle di Maria.

S'ignora l'autore dell'Immagine, né è possibile definire l'epoca in cui fu scolpita.

Considerando lo stile e tenendo conto che la Madonna tiene tra le braccia il Divin Bambino, si potrebbe concludere che essa rimonti ad un'epoca posteriore al Concilio di Efeso in cui fu definita la divina maternità di Maria; quindi probabilmente la statua è stata scolpita in Oriente tra il quinto e il sesto secolo.

La Madonna è rappresentata seduta, mentre regge in grembo il Figlio divino, che tiene la destra sollevata, benedicente.

Ella inoltre porta in capo una corona di tipo orientale, una specie di turbante, ricavato nello stesso legno, decorato con leggeri arabeschi dorati.

 Migliaia e migliaia di fedeli sonopassatidinanzi alla Vergine pietosa, che per tutti ha avuto un sorriso ed una grazia

Le Chiese

Basilica Cattedrale con prospetto normanno, conserva il sarcofago di Adelaide del Vasto, moglie del gran Conte Ruggero il Normanno, prima regina di Sicilia e madre di Ruggero II primo re di Sicilia.

Morì a Patti e fu sepolta, nella parte destra del transetto, nel 1118. 

Nella Chiesa si conservano pregevoli opere d’arte pittoriche, lignee e lapidee. Monumenti funebri di Vescovi.

Gli ultimi scavi hanno permesso di accertare l’esistenza di una precedente chiesa forse di origine bizantina, i cui resti sono stati portati alla luce. 

La «Galleria»  della Basilica Cattedrale di Patti (situata sotto il sagrato)

Facente parte delle strutture castellane, la Galleria, ritrovata durante i lavori del 1980, appare costruita per assicurare uno spazio antistante al prospetto svevo-federiciano della Cattedrale.

Databile alla prima metà del XIII sec. è caratterizzata da quattro arconi in pietra riquadrata a sesto acuto che scandiscono lo spazio in cinque parti e che si dipartono da piedritti a quote irregolari che fanno a valle da contrappunto ad altri, più alti, quasi con funzioni di contrafforti.

Un quinto arco in mattoni, più recente, assicurava fondazione ad una struttura volumetrica soprastante.
Le pareti e la grande volta in pietra stilata e le aperture verso valle, nonché il reimpiego di materiali classici con funzioni costruttive (capitelli a lastrone) fanno della Galleria un luogo di particolare fascino.
Anche se non certi dell’uso originario, possiamo affermare, con l’ausilio di alcune fonti archivistiche, che con la lettera Viceregia del 22 ottobre 1559 veniva ordinata la chiusura di certi carceri criminali e civili che a quell’epoca risultavano “… inditto ep(iscop)ato et in lo entrare dela porta dela ecclesia…” nel luogo denominato Scurazzo che pare corrispondere alla galleria ancora visibile.
Oltre al restauro lapideo e murario si è posta in opera un adeguato pavimento in pietra arenaria, l’impian­ti­sti­ca tecnologica e gli infissi che possano consentirne l’uso.

Si trovano esposti

Capitelli in marmo bianco (secolo XII) provenienza: Cattedrale (dalla muratura esterna
della Cappella del Sacramento)

Capitello da stipite in marmo bianco (secolo XII-XIII) (rilavorato su frammento di capitello corinzio di età romana) provenienza: Cattedrale

Capitello da colonna “binata” in marmo bianco (secolo XII) - provenienza: Cattedrale (forse residuo di un antico chiostro)

Frammenti di colonnine “spinate” in marmo bianco (secolo XII-XIII) - provenienza: portale della Cattedrale
Lavabo da sacrestia in marmo bianco (secolo XVII) provenienza: Cattedrale

Pigna d’altare in marmo bianco con tarsie in marmo rosso sicilia e verde 1775 circa
provenienza: altare maggiore della Cattedrale

Lapide bifronte in marmo bianco (1726-1779) provenienza: Cattedrale

Campane e campanelli in bronzo (datazioni varie) provenienza: Cattedrale

“Mozzo” da campana in legno (1594) provenienza: campanile della Cattedrale

Statua acefala (forse s. Giovanni evangelista) in marmo bianco (inizi XVI secolo) provenienza: giardino della chiesa san Nicolò di Bari (Patti)

Statua di San Nicola in marmo bianco (attribuita ad Antonello Freri) - XV secolo provenienza: giardino della chiesa san Nicolò di Bari (Patti)

Frammenti archeologici in pietra (età romana) provenienza: scavi della Cattedrale

Ceramiche “conventuali” (secoli XV-XVII) produzione locale e mediterranea provenienti dal “butto” - cisterna maggiore ritrovata nella Cattedrale

Ceramiche “conventuali” (secoli XV-XVII) produzione locale e mediterranea provenienti dalle sepolture della chiesa di Sant’Ippolito (Patti)

Altre chiese di notevole valenza artistica e storica sono:

Chiesa di S. Ippolito ( sec X°) realizzata anche questa su di un altro tempio, portato alla luce dopo il recente restauro;

Chiesa di S. Nicolò di Bari ( sec. XVII°);

Chiesa S. Antonio fuori le mura ( sec. XIV°) ;

Chiesa di S. Michele che contiene un ciborio marmoreo di A. Gagini;

Complesso monumentale di S. Francesco ( 1222);

Chiesa degli Agonizzanti con stucchi di A. Serpotta;

Chiesa di S. Maria dei Greci;

I monumenti:

La fontana del Calice ( sec XVIII°);

La fontana Napoli ( sec, XVII°);

I resti della  seconda  ( sec. XII°) e della terza cinta muraria (sec. XIV°) con una porta cadauna sulle cinque originarie.

 l’impianto urbanistico del centro storico rimasto quello medievale con il tessuto viario costituito essenzialmente da stradine e vicoli.

Percorsi ed aree naturalistiche

Nel territorio del comune di Patti, circa 20 anni fa è stata istituita la R.N.O. ( Riserva Naturale Orientata) di Marinello, essa comprende gli incomparabili omonimi laghetti salati in dune di sabbia.

Nel sito è possibile trovare esemplari di flora e fauna autoctoni, specie nei laghetti la cui gestione scientifica è affidata al CNR.

La riserva è visitabile mediante percorsi naturalistici fino alla bellissima spiaggia di  valle completa di sabbia, faraglioni e grotte.

La costa si sviluppa per 12 Km  ed è formata da sabbia, grotte, faraglioni, piccole cale.

 Il mare è tutto balneabile, privo di qualsiasi tipo di inquinamento.

Da Patti, con massimo mezz’ora di auto, si arriva nel cuore del parco dei Nebrodi e in quello dall’Etna, paradisi naturali incontaminati.

Dalla frazione Sorrentini posta a quota 450, si gode un incantevole panorama che spazia oltre il golfo di Patti e le isole Eolie, si gode la vista dell’Etna, dei Nebrodi, dei Peloritani e in alcune giornate arriva fino alla costa  calabra.

Fra i più estesi della Sicilia è il parco dell’antica Tindarys., la frazione Tindari conta circa un milione di turisti all’anno.

Il turismo religioso è il segmento più corposo, migliaia sono coloro, soprattutto stranieri, che visitano gli scavi archeologici di epoca ellenistico - romana ed anche preistorica.

Tindari mostra il suo teatro greco, i decumani, le case romane con pavimento a mosaico, il gimnasium o basilica, l’agorà.

Altro sito di interesse internazionale la villa romana di età imperiale estesa per 20.000 mq.  nella zona nord della città di Patti.

I mosaici che ne arricchiscono i pavimenti sono coevi e simili a quelli della villa del Casale di Piazza Armerina, sia a Tindari sia nella villa sono attivi due antiquarium con reperti provenienti dai rispettivi siti.

Sono stati localizzati ma non resi ancora visitabili i seguenti altri siti archeologici:

Necropoli ellenistica/romana di c.da Locanda;

necropoli preistorica di monte Giove;

necropoli ellenistica di c.da S. Cosimo;

necropoli a grotticelle di c.da Monte ( 16 Ha – 8° sec a.C.) ;

resti di monte Russo e monte Perrera ( del Nauloco);

Area archeolgica dell’Acquafico (ellenistico-romana) sita nel centro della zona di espansione della città.

Feste Patronali:

Ultima domenica di luglio, festa della patrona S. Febronia concittadina dei Pattesi martirizzata nel III sec.

venerdì santo, processione delle varette con 11 statue lignee di pregevole valore artistico;

marzo dal 25 in poi, processione della Madonna Annunziata durante la quale bambini e bambine fino a tre anni vengono vestiti con ori  e preziosi raccolte fra i fedeli, si sono quantificati fino a  5 Kg di oro per ogni bambino.

Notte fra il 7 e l’8 settembre a Tindari festa della Madonna Nera. Decine di migliaia di fedeli provenienti da tutta la Sicilia e dalla Calabria invadono la località.

Eventi Culturali:.

Gran Carnevale pattese con sfilate di carri allegorici e gruppi mascherati, manifestazioni musicali e serate danzanti; 

Mese di maggio: Tindari teatro giovane, rassegna teatrale fra le scuole superiori  di tutta Italia.

Giugno: Teatro greco, “ teatro dei due mari”manifestazione con due spettacoli con compagnie di livello nazionale che si effettua a Patti e a Taormina.

Giugno, luglio ed agosto: nel teatro greco di Tindari, manifestazioni teatrali e musicali; sul territorio varie  e diversificate manifestazioni.

Villa Pisani cinema sottole stelle.

Eventi Gastronomici:

Sagre di varie specialità.

Eventi sportivi:

Curiosità:

Dopo le recenti affermazioni che avevano consentito alla Pallacanestro Patti di raggiungere la serie A dilettanti di Basket, la medesima per sopravvenute difficoltà di carattere economico è sparita dal panorama cestistico di rilievo, salvo continuare un'attività a carattere giovanile.

Nel calcio, il Patti è scomparso lasciando, come unica squadra cittadina, la Nuova Rinascita Patti militante in Seconda Categoria.

Di Patti è il pluri-campione del mondo di motocross Antonio (Tony) Cairoli.

I Sindaci:

Dal 1988 al 1992        Vincenzo Musumeci

Dal 1992 al 2000        Salvatore Olivo

Dal 2001 al 2011        Giuseppe Venuto

Dal 2011 ad oggi        Mauro Aquino

Mercati e mostre:

Risorse:

Centri culturali:

Museo Umberto Caleca

Museo della Ceramica

Museo Etnografico di Sorrentini

Museo Diocesano

Antiquarium della villa romana.

Numeri Utili:

Ex Azienda Turismo 0941.241136

Guardia Medica 0941.22043

Siti nel Comune:

http://www.santuariotindari.it

http://www.circolovelabianca.it

http://www.pattionline.it

http://www.telepatti.it

http://www.golfodipatti.it

Impianti sportivi:

Strutture Ricettive:

Personaggi Illustri:

Adelasia del Vasto Contessa di Sicilia e Regina di Gerusalemme;

Umberto Benedetto, regista radiofonico e teatrale;

Gilda Buttà, pianista di fama internazionale;

Antonio "Tony" Cairoli, pilota e pluri-campione mondiale di motocross;

Antonio Calabrò, giornalista e saggista;

Angelo Ficarra, vescovo di Patti;

Nicolò Gatto, vescovo di Patti;

Paolo Gazzara, regista teatrale e televisivo;

Beniamino Joppolo, drammaturgo, cui è intitolato il cineteatro comunale.

Lisi Natoli, regista e drammaturgo

Luigi Natoli, arcivescovo di Messina;

Salvatore Natoli, filosofo;

Michelangelo Rampulla, ex-calciatore, portiere della Cremonese e della Juventus

Michele Sindona, finanziere, banchiere e criminale coinvolto nello scandalo Calvi;

Filippo Zuccarello,capitano dell'esercito italiano durante la prima guerra mondiale, insignito della medaglia d'oro;

Gaetano Silvestri, giurista, presidente della Corte costituzionale.

Tindara Caccetta, giornalista Rai.

Simone Petralia, regista cinematografico.

Il famoso presentatore televisivo Mike Bongiorno, in una trasmissione televisiva andata in onda su Raiuno nel 2007, ha dichiarato di avere lontane origini pattesi.

Come si arriva:

Treno: linea FF.SS. ME-PA, stazione di Patti con fermata di tutti i treni a lunga percorrenza (tranne un intercity).

Auto: Autostrada A20 PA-ME, uscita casello di Patti; SS.113 Messina - Palermo

Da Catania attraverso la SS 116 e la SP120.

Nave: Da giugno a settembre dal pontile di attracco vengono garantiti servizi di collegamento con motonavi veloci con le Isole Eolie.

 Cenni storici:

Diverse sono le ipotesi sostenute sull'origine della città di Patti: alcune fantasiose, altre semplicistiche, altre ancora molto riduttive dal punto di vista storico ma le recenti scoperte archeologiche dimostrano l’esistenza di un nucleo, abitato ed organizzato, già dall’VIII° - X° sec AC
A questo periodo risale, infatti, la necropoli di contrada Monte, in parte visibile dalla strada provinciale Patti-Sorrentini, a circa 1 km dalla città, il sito archeologico presenta un'estensione di circa 16 ettari e ingloba parte della contrada Monte e tutta la contrada Valle Sorrentini, ambedue nel territorio comunale di Patti.

La necropoli si estende tra i pendii della collina calcarea fino alla  Valle Sorrentini, alle cui tombe si accede mediante un pozzo e scalino.

Sul versante est, che guarda verso Patti, è stata notata una lunga scala, larga almeno 3 m e realizzata nella roccia, che porta sulla sommità della collina, dove, sebbene non vi sia alcuna tomba, la presenza di ruderi ,nel pianoro a nord­ovest, ricondurrebbe ad un anaktoron.

E’ possibile che le incursioni dei Siculi e degli Ausoni (XIII-XII sec ) abbiano incrementato la consistenza della popolazione locale a tal punto da rendere insufficiente l'area di contrada Monte e abbiano creato un'altra comunità, ad oriente del torrente Provvidenza, in una porzione di territorio denominata "Epacten" (Έπακτήν) che, risalendo alla etimologia greca  sulla sponda, sul promontorio,  rimane la tesi più accreditata sull’origine della denominazione “Patti”.

La città  si estendeva a sud fino al mare ed era delimitata da due corsi d’acqua, attualmente denominati Provvidenza e  Acquafico.

Trovano così giustificazione gli affioramenti ellenici a nord dell'attuale ospedale e le "notizie" su altre strutture, venute casualmente alla luce durante i lavori di costruzioni private. 

Il nucleo più antico si chiamava Policne, dal greco Πολίχνη, dal quale deriva l’attuale denominazione del quartiere Polline, incrementatosi, durante il periodo di maggior prosperità e di pace che la zona godette, dopo la vittoria di Timoleonte, nel IV sec a.C. 

Nel centro storico, nel corso di alcuni lavori di scavo,  sono venute alla luce anforette, alcune delle quali finemente decorate, materiale lapideo di riutilizzo e cocci di terracotta, risalenti a vari periodi. 

Con la scoperta della Villa Romana, si ha un’ulteriore conferma che la zona era interessata da insediamenti abitativi per il periodo che va dal III sec. a.C. al X sec. d.C. Sotto le strutture romane della Villa del I sec. d.C. sono venute alla luce opere murarie di epoca precedente, per cui il complesso monumentale vede sovrapposti ben quattro periodi, senza contare la chiesetta di Sant'Erasmo: il pre-romano verosimilmente ellenico; il romano del I sec. d.C.; il romano del IV sec. d.C. e il bizantino.

I reperti rinvenuti provano che la Villa è stata abitata, anche se parzialmente, fino al X-XI sec. d.C.; successivamente è presumibile che le incursioni dal mare, abbiano spinto gli abitanti  a rifugiarsi in un’ area più sicura, quale poteva essere la città di Patti, ormai fortificata.

In questo contesto è fondamentale  introdurre la storia di Tindarys, frazione di Patti , strettamente legata a quella  del territorio nonchè  della Magna Grecia.  

La fondazione di Tindari, fatta risalire dagli storici al 396 a.C., fu voluta da Dionisio, tiranno di Siracusa, il quale, volendo creare un posto fortificato e strategico per fronteggiare eventuali incursioni dei Cartaginesi,vi inviò, alcuni Greci che avevano trovato rifugio a Messana e che erano, in gran parte, Locresi e Messeni, con una sparuta presenza di Medmei.

La denominazione di "Tyndaris" si fa risalire ad eventi mitologici. I coloni greci, infatti, erano particolarmente devoti ai Dioscu­ri, Castore e Polluce , secondo la leggenda,  figli di Giove e di Leda, moglie di Tindaro re di Sparta e altresì chiamati Tindaridi.

Ciò ha indotto i fondatori della colonia a denominare la regione Tindaride e la città, alla quale faceva capo, Tyndaris. I Dioscuri furono così i protettori della città, come attestano parecchie monete rinvenute durante gli scavi. Altro evento, legato alla mitologia, è quello relativo allo sbarco di Oreste e alla introduzione nella Tindaride del culto di Diana Facellina.

Con la costruzione del tempio di Diana, presumibilmente in contrada S.Cosimo, alla Tindaride si affiancava l’Artemisio, nel quale si trovava il Nauloco. Quest’ultima località era un porto militare, i cui reperti potrebbero essere quelli esistenti in contrada Sipio e sui monti Perrera e Russo. 

Poche sono le azioni o gli interventi di Tindari nelle guerre di Sicilia. Comunque le alleanze militari strette dai Tindaritani portarono spesso alla città onori e prosperità.Tra queste si ricorda, nel 344 a.C., il patto di alleanza con Timoleonte, il condottiero della polis di Corinto inviato a Siracusa per liberare la città dalla tirannide. Dalla vittoria di Timoleonte, Tindari godè circa 60 anni di pace, durante i quali si ingrandì e si arricchì di bellissimi monumenti e templi.

All'inizio della prima guerra punica, Tindari si alleò con Cartagine, nonostante il parere contrario della maggioranza dei suoi cittadini, che avrebbero voluto allearsi con i Romani.

L'arresto di alcuni eminenti rappresentanti della città da parte dei Cartaginesi fece ribaltare la situazione. Dopo che i Romani conquistarono tutta la costa settentrionale della Sicilia, nel 254 a.C., Tindari, si alleò con essi e così rimase anche durante le altre guerre puniche. 

Cicerone, durante la sua visita a Tindari per indagare sulle malefatte di Verre, giudicò la città così prospera e bella da definirla "nobilissima civitas". Contro Tindari, Verre perpetrò uno dei suoi più gravi delitti.

Il console volle per sé la statua d'oro di Mercurio, donata alla città da Scipione l'Africano in segno di riconoscenza per la fedeltà, la lealtà e per una fornitura di navi durante la spedizione contro Cartagine del 204 a.C. Non si ricordano altri episodi di portata storica considerevole, eccezione fatta della battaglia fra Pompeo ed Ottaviano avvenuta nel 36 a.C. 

Nell’anno 17 d. C. la città fu colpita da un evento tellurico che pare ne abbia fatto precipitare una piccola parte, lato nord, in mare. Plinio il Vecchio, dal 23 al 79 d.C., elenca in Sici­lia 63 città importanti, fra le quali evidenzia la prosperità di Siracusa, Catana, Tauromenio, Tyndaris e Messana, tutte colonie romane.

Il periodo romano-imperiale segna l'inizio del declino di Tyndaris anche se, nel I° secolo, si riscontra un momentaneo riassetto economico con l’edificazione di altre case e la conversione del teatro greco in anfiteatro romano. 

Nel IV secolo d.C. il declino  accelera inesorabilmente senza interruzione. Risultano edificate case su preesistenti edifici di origine ellenica e, nel tardo impero, si è ricostruita parte della cinta muraria, andata distrutta per fatiscenza, riutilizzando materiali provenienti da edifici abbandonati.

Nel periodo bizantino, la città era molto più piccola e priva di quella importanza politico-economica di cui godeva un tempo. Nel IX secolo, gli Arabi ne completarono definitivamente la distruzione, costringendo i pochi abitanti ad emigrare in altri siti, compresa Patti, ormai fortificata.

Tornando a questa località, i recenti restauri della Basilica  Cattedrale e della Chiesa di S.Ippolito hanno portato alla luce reperti di costruzioni che coprono il primo millennio. 
Lo storico Vito Amico, nel Lexicon Topographicum Siculum, sostiene che il nucleo abitato di Patti esisteva al tempo dell'imperatore Traiano, cioè nel II° sec. d.C.

Con bolla del 1094, il gran conte Ruggero d'Altavilla fondava a Patti il monastero del SS. Salvatore  e  conferìva la nomina di abate ,con funzioni vescovili,  al frate benedettino Ambrogio,  già reggente il monastero di Lipari. 

Nel 1115, amareggiata per l'immane delusione avuta dal suo secondo sposo, si ritirò a Patti la regina Adelasia, moglie del gran conte Ruggero e madre di Ruggero II°, primo re di Sicilia. Adelasia, figlia di Manfredi, marchese del Monferrato, sposò Ruggero d'Altavilla, giunto al terzo matrimonio.

Dal matrimonio nacquero due figli: Simone, deceduto a soli 10 anni, e Ruggero. 

Rimasta vedova, Adelasia regnò saggiamente sulla contea di Sicilia e Calabria fino al raggiungimento della maggiore età del figlio Ruggero; stabilì la capitale a Palermo e, seguendo l'insegnamento del marito, tenne sotto controllo le conflittualità fra i nobili e  le componenti religiose di rito bizantino e latino, dando alla Sicilia un periodo di grande prosperità e pace.

Quando ,nel 1112, decise di unirsi in seconde nozze con Baldovino, re di Gerusalemme, con l'impegno che, se non fossero nati figli, il regno sarebbe andato a Ruggero, iniziò il suo declino e più che altro la sua infelicità. Dopo due anni dal matrimonio, Baldovino fu costretto a sciogliere un voto in punto di morte e Adelasia scoprì che  era già sposato e che, in virtù di quel voto, la moglie legittima doveva riprendere il proprio posto.

Adelasia, truffata, derubata delle immense ricchezze che aveva portato in dote, affranta dal dolore per la grave delusione subita, non ebbe il coraggio di rientrare alla corte di Palermo e stabilì la sua residenza a Patti.

Adelasia morì nel 1118 e, per sua scelta, fu sepolta in una cappella del monastero.

Oggi la sua sepoltura si trova nella Cattedrale in un sarcofago rinascimentale, ubicato nella cappella di Santa Febronia.

Nel 1197 moriva Enrico VI°, incoronato re di Sicilia dall'arcivescovo di Palermo Bartolomeo Offmil, dopo la morte di Tancredi, ultimo erede della dinastia Normanna.

Essendo ancora minorenne il futuro Federico II, fu nominato reggente del regno di Sicilia il conte di Brenna.
Grazie alla buona politica del vescovo di Patti, Stefano, gli Svevi instaurarono buoni rapporti con la Chiesa pattese, a tal punto che il conte di Brenna, ancora nella sue funzioni, credette opportuno far visita al Vescovo Stefano . Il Conte, durante questo soggiorno, morì a seguito di un intervento chirurgico , costretto  dai violenti dolori provocati da calcoli renali. 

Nel 1208 Federico II si insediò ufficialmente ,con pieni poteri, quale Re di Sicilia;con una politica energica riprese, in pochissimi anni, il controllo del regno e punì i ribelli ed i più riottosi. Fra le vittime della repressione, vi fu l'abate di Naso, Guerras, che fu spogliato di tutti i suoi beni, a favore del Vescovo di Patti.

Quindi, Federico donò alla Chiesa pattese i possedimenti della chiesa di San Lorenzo di Carini e il casale della Rocca di Misilmeri, completa di villani e terre coltivate. 

Con la sconfitta di Corradino, avvenuta il 23 agosto 1268 a Tagliacozzo, si concluse la dinastia Sveva in Sicilia ed iniziava la dominazione angioina. L’inizio di questa nuova era fu per Patti particolarmente vivace per via dell’azione del vescovo Bartolomeo Varellis. 

Per i continui tentativi di riacquisire il potere temporale sulla città   nominando giudici e ufficiali cittadini, nonché per la volontà di imporre decime ai pattesi, si attirò l’ira di Manfredi prima, l’inimicizia di Carlo D’Angiò dopo e le antipatie dei suoi stessi concittadini.

La tensione fu tanta che Manfredi lo cacciò da Patti e lo sostituì con l’antivescovo Bonconto di Pendenza.

Nel 1266, dopo la conquista della Sicilia da parte degli Angioini, il Varellis rientrò in città, sperando di ottenere dal nuovo re quel potere temporale, tanto ricercato in precedenza.

Ma Carlo d’Angiò, vedendo di buon occhio la laicità della popolazione, rigettò le richieste del Vescovo, avviando una lotta contro gli stessi Pattesi che culminò con una serie di scomuniche, emesse prudentemente dalla curia di Messina.

Frattanto, in città era scoppiata una rivolta durante la quale alcuni facinorosi  assaltarono il castello e diedero alle fiamme alcune case di proprietà del vescovado.

La questione arrivò davanti al Papa che ascoltò il Varellis in presenza di Carlo D’Angiò.

Il Vescovo, che era accompagnato dal domenicano Buongiovanni Marino, pronunciò un discorso, a nome di tutti i siciliani, contro le vessazioni francesi , rimasto famoso  negli atti della storia del papato.

Il re mostrò di apprezzare l’intervento, ben celando l’astio che nutriva nei confronti del vescovo ma appena fuori dai palazzi papali, i due furono arrestasti dai soldati angioini ed imprigionati. Il Buongiovanni non sopportò la galera e morì poco dopo.

Nonostante le scomuniche e le  angherie subite, i Pattesi, sempre fieri e generosi, raccolsero un’ingente somma di denaro con la quale corruppero le guardie carcerarie consentendo così la fuga del loro vescovo.

Arrivò a Patti il 30 marzo del 1282, lunedì di Pasqua, proprio il giorno nel quale a Palermo iniziava la rivolta denominata i vespri siciliani. Radunò subito i Pattesi e con un discorso carico di emotività, raccontò loro cosa aveva patito nel carcere a causa dei Francesi.

I Pattesi, con l’animo pieno d’odio, insorsero, uccidendo tutti i Francesi che incontravano sulla loro strada.

Ma la strage avvenne proprio sulla porta del castello dalla quale dovevano passare gli stranieri per trovare rifugio  nel maniero; dal quel giorno,  venne chiamata la porta della morte.  Per i Pattesi fu anche una sorta di vendetta per  le 25000 onze sborsate per agevolare la fuga del loro vescovo dalla carceri romane.

Durante la guerra del vespro, la città di Patti venne fortificata da Pietro d’Aragona per prevenire la riconquista della costa da parte degli Angioini.

Fu costruita una possente cinta muraria con 5 porte e 17 torri , delle quali ormai ne   rimane soltanto qualche tratto. Per la Sicilia lottarono alcuni Pattesi, rimasti nell’elenco degli eroi isolani, quali  Peregrino da Patti, Guglielmo Pallotta, Giovanni De Oddone oltre allo stesso Bartolomeo Varellis.

 Patti subì anche distruzioni e saccheggi per mano degli Angioini che riuscirono a riconquistarla grazie al tradimento del vescovo Pandolfo che, a sua volta, volle accontentare il Papa Bonifacio VIII° e all’ammiraglio Giovanni Loria che nel frattempo, aveva tradito gli Aragonesi.

Il primo settembre  del 1299,  il re Giacomo d’Aragona sbarcò a Patti con una potente flotta; vi rimase per due mesi ospite del vescovo Giovanni II° che seguiva le indicazioni del Papa.

Dopo la Pace di Caltabellotta, nel 1303 i Pattesi  rientrarono,finalmente, nella propria città che trovarono distrutta.

 Forza e determinazione, loro tratti distintivi,i Pattesi  ricostruirono la città  e chiesero al re Martino di essere dichiarati liberi da qualsiasi podestà.

Il re così approvò le “consuetudini” e dall’11 luglio del 1312, Patti divenne città demaniale.

Gli anni che seguirono furono caratterizzati da lotte fra vescovado e autorità civili.

 Chiesa erano stati sottratti parecchi beni ed i vescovi non riuscivano a prendere possesso della sede.

Nel 1345, il vescovo Pietro il Teutonico riuscì ad entrare nel suo palazzo e lo fece trasformare in fortezza per difendersi dagli attacchi dell’ autorità civile e militare della città.

Parecchi sono i personaggi e gli episodi che videro Patti alla ribalta nella convulsa storia della Sicilia. 

Nel 1535 il vescovo Albertino chiese ed ottenne  dall’imperatore Carlo V la conferma dei titoli per la città nonché dell’ indipendenza amministrativa.  Ottenne  il titolo di “Magnanima” e lo stesso Vescovo fu nominato Presidente del regno.

Altro importante Vescovo fu Bartolomeo Sebastiani che resse la diocesi dal 1549 al 1568. Fu nominato, oltre che Presidente del regno, viceré per la temporanea assenza del titolare. Partecipò al Concilio di Trento, durante il quale indossò un prezioso piviale donatogli dall’imperatore Carlo V°. 

Vari furono i tentativi di sottrarre alla città beni e la stessa libertà, sempre prontamente riconquistata con enormi sacrifici.

Durante la dominazione spagnola,  il viceré Ruggero de Paruta per rimpinguire le casse di Alfonso d’Aragona, vendette la capitania a certo Enrico Romano.

I Pattesi si opposero energicamente  fino al punto di raccogliere i denari necessari e rimborsare al Romano la somma pagata per l’acquisto del titolo di capitano del popolo.

Patti fu così città completamente libera , esente da gabelle e dogane su cose mobili e immobili sia per terra sia per mare; i Pattesi potevano essere giudicati soltanto dai giudici della loro città; non potevano essere banditi da Patti; godevano di diritto di franchigia in tutto il regno.

Il re Alfonso, inoltre, concesse alla città di fregiarsi dei colori del proprio casato e del motto “ Tyndarium et Pactarum urbs nobilissima et magnanima”. Era considerata, infatti, la sesta città del regno per ricchezze e benessere

Patti, città ricca, fu presa di mira anche dai pirati. Nel 1544, Ariademo Barbarossa con trenta triremi sbarcò sulla spiaggia di Patti e mise a ferro e fuoco la città, nel frattempo gli abitanti si erano messi in salvo, rifugiandosi nelle campagne.

Quando i pirati turchi si furono ritirati, lasciarono  solo rovine. I Pattesi, per l’ennesima volta,  ricostruirono la città, rendendo le mura ancora più robuste .

Per rimpinguare le casse della corte spagnola, in guerra  con la Francia, si misero in vendita titoli nobiliari, creandone persino di nuovi. Così  nacque il titolo di duca di Montagna, marchese di Sorrentini e principe di Patti.

Il titolo fu acquistato da un signorotto di Messina, certo Ascanio Ansalone, ben ammanigliato nell’alta società, per 20.000 onze.

Ma, mentre  gli abitanti di Montagna  cedettero alle sue false promesse e persero la libertà, per 4000 ducati,  i Pattesi non gli consentirono di entrare in città.

Dopo 14 anni di lotte, anche armate, riuscirono a riscattare la propria libertà, versando al re di Spagna le 20.000 onze.

Patti mantenne la condizione di città demaniale e il titolo di principe di Patti rimase solo sulla carta e fu venduto a varie famiglie.

In ricordo della riacquistata libertà, ogni anno l’ultimo sabato di maggio, le autorità civili sogliono consegnare le chiavi della città alla Bruna Madonna del Tindari alla quale si erano raccomandati in quei tristi frangenti.

Il 5 luglio 1661 venne introdotto il culto di S.Febronia, concittadina e martire del IV° sec. che venne così proclamata patrona della città.

Nella serata dell’11 gennaio del 1693, la Sicilia orientale venne interessata da un violento terremoto che distrusse interi paesi, specie nella parte sud-orientale. I morti furono centinaia di migliaia.

Anche Patti subì ingenti danni. I più colpiti furono la Cattedrale e i grandi palazzi. Vennero distrutte completamente l’ultima elevazione della torre campanaria, caratterizzata dalle aperture a trifore, le tre absidi coeve e identiche a quelle del duomo di Cefalù, la volta e le cappelle laterali. I canonici,  riuniti nel coro, si salvarono perché l’orologio del campanile, stranamente, segnava l’ora  in avanti di mezz’ora e così poterono uscire prima dei crolli. La torre era stata costruita dal vescovo Gilberto Hisfar nel 1588.

Per l’ennesima volta, i Pattesi ricostruirono la loro città.

Nel 1713 termina il dominio spagnolo  e il Duca Amedeo di Savoia fu nominato re di Sicilia . Frattanto la Spagna si riorganizzò per riconquistare la Sicilia e nel 1719 fece partire da Napoli un esercito di 18.000  soldati che, sbarcati a Patti, impegnarono le truppe austriache a Francavilla.

In conseguenza di tale vittoria, la Sicilia rimase per 14 anni sotto il dominio austriaco.

Nel 1734 i Borboni conquistarono Napoli e la Sicilia : Carlo III° fu nominato re di Sicilia il 3 luglio del 1735 a Palermo.

  1. la rivoluzione francese e l’avvento di Napoleone, Ferdinando di Borbone si rifugiò in Sicilia e nel 1810 visitò Patti, ospitato del  vescovo Moncada.

Ferdinando concesse alla città il Senato, in sostituzione dei giurati, con l’onore di vestire la toga. In quel periodo, nelle città demaniali, fu introdotta la carica del Sindaco e fu istituito il consiglio comunale. Patti venne elevata a capoluogo di distretto.

Con il vescovo Moncada riprese l’espansione della città verso nord, iniziata dopo la distruzione  del pirata Barbarossa.

La frazione Marina subì un notevole sviluppo urbanistico,  nacquero  nuove attività produttive e si potenziarono tante attività industriali già esistenti. Dal 1825 al 1838 alla diocesi di Patti furono incorporati altri comuni Cesarò, S. Teodoro e Capizzi , che così assunse l’attuale estensione.

Durante il risorgimento, Patti ebbe parte attiva nei moti e ne fu riferimento politico e logistico, tanto che  per punire Messina per essere stata la prima città della Sicilia a ribellarsi ai Borboni, gli stessi trasferirono il capoluogo della valle a Patti. Parecchi pattesi furono attivi politici e militari rivoluzionari  con Don Pietro Greco Zito, Francesco Accordino, Antonio Ceraolo, Nicolò Gatto Ceraolo e tanti altri affiliati alla carboneria ed alla massoneria. Prima dell’arrivo di Garibaldi, durante la repressione borbonica, la maggior parte dei patrioti pattesi furono arrestati ed imprigionati.
Nel 1859, Francesco Crispi, tenne in contrada Vigna Grande, forse in proprietà Sciacca, una riunione per aggiornare i Pattesi e i rivoluzionari del distretto sull’attività preparatoria dello sbarco in Sicilia.

Nell’aprile del 1860, Rosolino Pilo e Giovanni Corrao avviarono da Patti un’intensa campagna rivoluzionaria che coinvolse tutto il distretto.

Il 18 luglio 1860 Garibaldi sbarcò a Patti, accolto  dal sindaco Giovan Battista Natoli Calcagno e dai rappresentanti dei comitati rivoluzionari.

Qui venne a conoscenza della rivoluzione di Alcara li Fusi e prontamente inviò sul posto un drappello di suoi uomini per punire coloro che, in nome di quella libertà da lui stessa proclamata, si erano ribellati alle autorità civili borboniche.

Il 20 agosto del 1860, dopo un rapidissimo processo, sul sagrato della Chiesa di S. Antonio Abate fuori le mura, furono fucilati 12 cittadini di Alcara li Fusi  “……colpevoli di eccidio e vittime di antichi soprusi”.  Questi, come tanti siciliani, avevano creduto nella liberazione che Garibaldi aveva promesso. 
La notte fra il 18 e il 19 luglio, il generale organizzò l’attacco al castello di Milazzo. 

Il 18 gennaio 1861, Garibaldi indirizzò al Sindaco di Patti una lettera di ringraziamento per  la generosa accoglienza ricevuta dai Pattesi.

Il 4 aprile del 1861 veniva attivato a Patti il comando militare circoscrizionale con sede nell’ex convento di S. Maria del Gesù.

Nello stesso anno, veniva insediato il collegio elettorale circoscrizionale con competenza su 13 comuni.

Il 9 di febbraio 1862 venne istituito il tribunale e una sezione della corte di Assise, con competenza sui mandamenti di Naso, S.Agata  di Militello, S. Angelo di Brolo e Raccuia.

Patti divenne sede anche di sottoprefettura con giurisdizione su tutta la parte occidentale della provincia di Messina.

Nel 1866, nacque il regio ginnasio. In pochi anni, Patti divenne centro propulsore di cultura. Sorsero altre scuole e collegi per ospitare alunni provenienti sin dalla lontana Mistretta.

Nel 1875, fu inaugurata la villa comunale intitolata al re Umberto I°.

Nel 1880, la città venne dotata di acquedotto, fognatura ed impianto di pubblica illuminazione a petrolio.

L’annessione della Sicilia al regno di Piemonte non portò a Patti solo benefici amministrativi ma segnò anche l’inizio del declino industriale.

Prima dell’unità d’Italia, erano attivi e fiorenti  industrie come quella delle ceramiche d’uso che, da sole, impiegavano circa 2000 addetti, le concerie, le fonderie, le seterie, i molini e i pastifici. Le produzioni pattesi erano conosciute in tutto il mediterraneo e persino in Africa.

Era attiva una corposa flotta di bastimenti che consentiva il trasporto ,soprattutto, della ceramica e della pasta. Ancora oggi, si possono ammirare i pregevoli lavori delle fonderie nella recinzioni del monumento di piazza Marconi, della villa comunale e di qualche fontana in ghisa ancora istallata.

Oggi non esistono più tracce di queste fiorenti attività, eccezion fatta, per l’attività della ceramica trasformatasi parzialmente in ceramica d’arte, perché le pentole e i “bummuli” sono stati soppiantati da contenitori in altri materiali, meno fragili.

Il secolo XX° ,quindi, fu caratterizzato non solo dall’impoverimento complessivo dell’economia ma anche da una forte emigrazione come ,d’altronde, tutto il meridione d’Italia.

Dal punto di vista storico, vanno menzionate solo la visite di alcuni inviati papali, come il cardinale Ferretti, per verificare l’autosufficienza della diocesi.

Negli anni 60, la Curia Romana ridisegnò la mappa delle diocesi italiane e ,grazie alla frenetica attività di un grande vescovo come mons. Giuseppe Pullano ( 1958-1978), la diocesi di Patti non subì la soppressione come quelle di Lipari e di S.Lucia del Mela, accorpate invece a Messina. Mons. Pullano, infatti, rinnovò le strutture della curia, ristrutturò il seminario riportandolo all’efficienza di un tempo, lo abbellì ma ,soprattutto, diede impulso alle vocazioni ecclesiastiche.

Durante la sua amministrazione, si ebbero  quasi 200 seminaristi.

Gli interventi di recupero ,però, ebbero anche un  esito negativo, il parziale crollo e la demolizione successiva di ciò che rimaneva del castello di Adelasia e del palazzo Ursino (1962), ultima testimonianza delle fortificazioni della città.

Il 12 giugno 1988, il Papa Giovanni Paolo II°, su richiesta del vescovo dell’epoca mons. Carmelo Ferraro, fece visita alla diocesi pattese, recandosi in pellegrinaggio al Santuario di Tindari.
Oggi, la città di Patti vive di terziario e turismo, conserva le sue prerogative di città di servizi.

Per popolazione è  terza nella provincia, dopo Barcellona e Milazzo e come centro amministrativo,  seconda dopo il capoluogo. 

La presenza dei numerosi reperti archeologici ne fa un polo turistico, culturale e storico fra i più importanti d’Italia.

Etimologia (origine del nome)

Deriva dal latino Pactae o Pactis, dal greco paktos o pektos che significa "stabilito, infisso".

 Il Comune di Patti fa parte di:

Regione Agraria n. 8 - Colline litoranee di Patti

Associazione Italiana Paesi Dipinti

Località balneare segnalata con una vela nella Guida Blu di Legambiente

Fonte: http://www.comune.patti.me.it

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