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Venerdì 19 Aprile 2024

Roccavaldina

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Indirizzo: Via Roma, 3 – 98040 Roccavaldina (ME)

Telefono centralino:  090.9978111- Fax Municipio:090.9977542

Stato: Italia

Regione: Sicilia

Provincia: Messina

Zona: Italia Insulare

Latitudine: 38° 11' 3,48'' N

Longitudine: 15° 22' 24,60'' E

Altitudine: 320 m s.l.m.

Superficie: 6,53 Kmq

Perimetro comunale:

Comuni limitrofi: Monforte San Giorgio, Rometta, Spadafora, TorregrottaValdina, Venetico

 Frazioni e località:Cardà, Santissimo Salvatore

 Abitanti: 1.149(30-3-2012)

Densità: 175,96 ab./km²

Nome di Abitanti: Roccesi

 Sito Internet:  www.comune.roccavaldina.me.it

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 Codice Fiscale:82000660835

Codice Istat: 083073

Codice Catasto:H380

Santo Patrono: San Nicola di Bari 

Giorno festivo: 6 Dicembre

Descrizione Araldica dello Stemma:

Lo stemma di Roccavaldina è l’emblema figurativo delle sue lontane origini e della sua lunga storia, fatta di armi e di conquiste, di agricoltura e di commercio.

Lo stemma è costituito da quattro figure predominanti:

Lo Scudo formato da un campo solo, di colore argenteo, entro cui è raffigurato un castello rosso, affiancato sul lato sinistro, da una torre cilindrica, sulla facciata del castello sono situati un portone centrale ad arco e due finestre poste in senso orizzontale, invece su quella della torre, altre due finestre in senso verticale.

 Il fortilizio è poggiato su di un prato verde ed è coronato da una merlatura di stile guelfo identica a quella che si trova sull’odierno prospetto principale del Castello di Roccavaldina.

La Corona argenteo-rossa, che sormonta lo Scudo, ha le punte che riproducono i merli di stile ghibellino presenti sul lato Nord-Est dell’attuale castello.

I Rami di ulivo e di quercia che contornano lo Scudo nella parte inferiore; il ramo di ulivo è di colore argenteo con sette drupe di colore oro, mentre il ramo di quercia è di colore verde con sei ghiande di colore oro; sono uniti tra di loro da un cordoncino rosso.

La Scritta “Roccavaldina” di colore oro, impressa su di un nastro rosso, è sistemata sotto i ramoscelli e completa tutto l’insieme.

I colori dello stemma:

Il Rosso rappresenta giustizia e lealtà.

L’argento significa purezza, concordia e clemenza.

L’oro simboleggia il sole, sinonimo di forza, costanza e ricchezza.

 Da vedere:

Il Duomo, la costruzione della nuova Chiesa iniziò probabilmente nel 1505 subito dopo che un terribile terremoto fece crollare l’antica Chiesa di Gesù e Maria ubicata pochi metri a monte, nell’odierna piazza antistante c’era il chiostro di cui oggi rimane solo una croce in muratura.

All’interno appena varcato il portone d’ingresso le tombe di alcune famiglie nobili di Rocca, in prossimità dei quali sono appesi vari quadri raffiguranti rispettivamente: S. Antonio Abate Anacoreta opera di ignoto del sec. XVII, dono della famiglia Nastasi attuale proprietaria del Castello; la Madonna di Termini, su tavola, opera del pittore Angelo Chirico; la Circoncisione di Gesù, proveniente dalla Chiesa del Rosario oggi non più esistente.

Navata Destra: sulla parete un affresco raffigurante la Strage degli innocenti e subito dopo una Navatella con tre cappelle: la prima dedicata a Sant’Antonio da Padova con la sua statua lignea donata dalla famiglia Tricomi nel 1913. L’altare porta una scritta Lombardo 1910.

La seconda cappella è dedicata al Santissimo Crocifisso, per terra una lapide con lo stemma della famiglia Passalacqua a ricordare che nel 1739 donarono il Crocifisso con la Madonna e S. Giovanni, per ornare la cappella. 

La terza cappella è dedicata alla Madonna delle Grazie, in una rientranza è interessante notare una Fonte Battesimale, costituita da una vasca monolitica in pietra lavica, di probabile origine ellenistica, che poggia su di un capitello presumibilmente bizantino. 

Nel Transetto, all’esterno della sacrestia, è collocato il sepolcro di Andrea Valdina “il vecchio, colui al quale si deve il completamento della costruzione della Chiesa e sopra la tomba una tavola lignea raffigurante S. Nicola, opera d’ignoto con accanto una grande tela raffigurante Gesù e due sante, attribuita a Giovanni Simone Comandè

All’interno della sacrestia: un armadio multiplo a cassettoni costruito alla fine del 700, la statua di S. Nicola che viene portata in processione il 06 dicembre, sulla parete un lavabo ottocentesco ed un quadro che raffigura Gesù sul monte degli Ulivi. 

Nella Cappella principale l’altare della Santissima Eucaristia con la statua della Madonna delle Grazie, opera del 1566 attribuita adAndrea Calamech, la nicchia è sormontata da una cornice di stucchi con all’interno raffigurata l’eucaristia simbolo della Confraternita del SS. Sacramento, ricorre più volte all’interno della Chiesa, sia sugli stipiti d’accesso al coro, sia sopra l’armadio della sacrestia.

Sul pavimento una lapide copre la tomba di Donna Paola Valdina Vignolo .

Navata Centrale: a ridosso dell’altare un Crocifisso dipinto su tavola opera del XV secolo e l’Altare Maggiore, in marmi mischi, di imponente la bellezza sovrastato da un’artistica “macchina lignea”, opera di Frate Giacomo della Rocca, al centro della quale è collocata una tela raffigurante la Madonna della Lettera, opera seicentesca, di ignoto. 

Il Coro dietro l’altare maggiore è in disastrose condizioni di conservazione

Navata Sinistra: la Cappella principale dedicata a San Nicola di stile barocco è ricca di stucchi e affreschi contiene la statua in cartapesta del Santo, affiancata da due colonnine tortili in marmo e sovrastata dalle insegne araldiche della famiglia Valdina. Sulla parete destra è situata la tomba di Giovanni Valdina Vignolo, pregevole opera del XVII secolo.

E’ priva di epitaffio e non riporta neppure il nome del principe, morto senza figli nel 1692 lasciando uno strano testamento col quale donava i beni all’anima sua e ad opere di beneficenza ospedaliera. A terra una lapide copre la tomba di un Andrea Valdina principe di Roccavaldina ma non sappiamo quale. 
Nel transetto la Tomba del Barone Don Maurizio Valdina, opera marmorea proveniente dalla bottega di Camillo Camilliani del 1597. Sopra la tomba è collocata una tela raffigurante il Dogma dell’immacolata, opera d’ignoto del ‘600. 

Scendendo navatella con tre cappelle:la prima ospita una tela della seconda metà del seicento, proveniente dalla scomparsa Chiesa del Rosario, raffigurante l’Annunziata, del pittore Filippo Jannelli da Castroreale.

A fianco sempre proveniente dalla stessa chiesa un’altra tela raffigurante Frate Giuseppe Costanzo roccese, terzo Ordine Francescano, morto nel 1779. 

La seconda cappella è dedicata a S. Giuseppe, sull’altare di marmo policromo è situata la tela raffigurante la natività di Gesù, opera d’ignoto. A terra, una lapide decorata dallo stemma di famiglia copre la tomba del Sacerdote Gregorio Bottaro. 

La terza cappella dedicata all’Immacolata, ha sull’altare una tela raffigurante la Pentecoste, con al centro la Vergine Maria, opera di ignoto del sec. XVII lateralmente è appeso un quadro riproducente l’Ultima Cena. 

Dopo l’ultima cappella si può notare un affresco che raffigura la Caduta di Gerico, di artista ignoto del seicento purtroppo in pessime condizioni. 

All’esterno una monumentale Torre Campanaria

Chiesa di Gesù e Maria, Costruita nel 1666 per devozione dal Principe Giovanni Valdina 

All’interno sul lato destro si può vedere: altare dedicato alla Madonna del Rosario, la Statua è del 1913 proveniente dalla scomparsa Chiesa dell’Annunziata sita a Piano Rosario, altare cuore di Gesù, la statua di Gesù è in carta pesta, la statua di S. Marco Evangelista in gesso, sopra l’altare maggiore si trova il quadro di Gesù e Maria opera attribuita alla scuola del Camarda.

Sul lato sinistro troviamo: statua dell’Arcangelo Michele che scaccia il diavolo, opera dei Fratelli Abate di Roccavaldina in gesso, altare Anime del Purgatorio, sopra statua della Madonna di Fatima,  Altare con la statua di S. Rita.

Entrata lato sinistro: Acquasantiera antica in lava

Chiesa dei Cappuccini, Originariamente il Convento era di proprietà dei Padri Conventuali Riformati di Messina, col titolo di S. Cecilia e la Chiesa intitolata a San Giovanni Battista . 

Successivamente viene intitolata a San Francesco d'Assisi e Oratorio dei Filippini . 

Con la Riforma del Sommo Pontefice Sisto V il Convento rimase vuoto e fu abolito.

Alla cittadinanza parve quella l'occasione favorevole per introdurre i padri Cappuccini facendone apposita richiesta alla Santa Sede con il nulla osta del Padre generale dei conventuali.

L'anno 1627 per Bolla del Sommo Pontefice Urbano VIII fu legalizzato l'ingresso nel Convento dei Frati Cappuccini . La Bolla divenne esecutiva il 19 dicembre dello stesso anno e registrata nella G.C. Arcivescovile di Messina il 2 gennaio dello stesso anno - XI Indizione 1627. L'ingresso sortì il giorno di Santa Mattia apostolo e cioè il 20 febbraio 1627, dopo aver fatto solenne processione e predica ed eretta la Croce al di fuori del Convento dove attualmente è situata e che segnava il limite della giurisdizione, con la presenza dei signori Marchesi della Rocca Don Andrea Valdina e il Nobile di Venetico oltre al concorso del popolo e del Padre Bonaventura da Taormina.

Dopo due anni dell'avvenuto possesso, e precisamente nel 1629, i Frati iniziarono la costruzione della Chiesa secondo il loro modello e la fecero più larga delle altre esistenti in altri conventi. 

Finita la costruzione, cadde il damuso, onde con il parere dei superiori e dei costruttori determinarono di restringerla un poco e ne costruirono un'altra nell'interno con muri perimetrali di due palmi di murazza per ogni parte e così la Chiesa si restrinse da trenta a ventisei palmi.

I monaci si sostentavano con l'elemosina somministrata dalla pietà del popolo. Il convento divenne luogo di cura per gli infermi. Inoltre veniva praticato il noviziato e lo studio.

I confini entro i quali i Frati erano autorizzati ad esercitare la questua, dal 1° settembre fino al 31 maggio, erano la Rocca con tutto il suo territorio, la terra di S. Martino col suo territorio, Fondachello fino al fiume della pietra, il feudo della Scala , il Benefizio ed il Casino fino al fiume Niceto.

L'onere che ne derivava era quello di dare al Convento di Rometta una pesa di lino per ogni anno e la comunità di Valdina contribuiva con due finanze.

Nel 1865 furono soppressi gli ordini religiosi, monasteri e conventi chiusi ed i loro beni confiscati dal demanio a tale legge non sfugge neanche il Convento di Roccavaldina.

Nel maggio del 1885 il Signor Mariano Visalli compra dal demanio dello stato il fabbricato dell'ex convento dei Cappuccini di Roccavaldina per £. 470. 

Successivamente nell'anno 1897 lo vende al Comune di Roccavaldinaper il prezzo di £. 1.163. 

Con il terremoto del 1908 la parte nord del convento venne distrutta e rimase solo la Chiesa con la stanza del Rettore.

Il cenobio recentemente è stato oggetto di importanti lavori di restauro finalizzati al recupero del suo antico splendore, mentre l'area circostante è stata adibita a verde pubblico, attrezzato con strutture per il tempo libero.

All’interno ci sono: Una statua della Madonna delle Grazie che originariamente si trovava nella Chiesa dell’Eremo di S. Filippo Neriormai scomparsa e una statua di S. Giuseppe e Gesù Bambino .
Nella cappella laterale un busto raffigurante presumibilmente un Monsignore proveniente dal Convento di S. Filippo Neri.

Chiesa dei SS. Cosma e Damiano, hiesa, dedicata ai Santi martiri Cosma e Damiano , costruita probabilmente tra il 1500 ed il 1600. 

All’esterno, sopra la facciata, si può notare una piccola campana posta in una nicchia ad arco. 

All’interno sopra l’altare sono poste le statue dei due Santi in cartapesta custodite in una teca di legno e vetro. 

Lateralmente una porta ci introduce nella Sacristia. 

La Chiesa di recente è stata restaurata e riaperta al culto. 

Chiesa della Madonna della Catena, la sua costruzione risale attorno all’anno Mille, come testimoniano lo stile e il tipo di costruzione della chiesa.

I muri esterni, la torre campanaria e la facciata che guarda verso Milazzo, conservano ancora intatti motivi ornamentali architettonici, formati da pezzetti di tegole incastonate con gusto sulle pareti di calce. 
L’interno è formato da una navata centrale e da un transetto laterale, separato da tre colonne in muratura. 
Al centro della navata principale è posto un altare in muratura, sormontato da un grande quadro in tela con al centro la Madonna della Catena affiancata, a sinistra da S. Barbara ed a destra da S. Agata o S. Apollonia, il tutto è messo in evidenza da una monumentale cornice barocca in legno dorato. Purtroppo ignoti negli anni passati hanno trafugato le due colonne tortili presenti nella cornice.
Il pavimento in laterizio a forma di fiore in buona parte sembra essere originale.

A fianco, su una vara, la statua della Madonna del Carmine in cartapesta. Nella navata laterale si possono ammirare: un quadro che raffigura la Madonna del Carmine e S. Simeone Stoc, un grande crocifisso in legno del XVIII secolo, proveniente dalla Chiesa dei Cappuccini, un quadro della Pietà del XVI secolo, proveniente dalla Chiesa Addolorata di Basso Casale, u- un’ acquasantiera in marmo del XVI secolo, una fonte battesimale pietra del XVI secolo e nella Sacrestia un lavabo del 1637.

Sotto il pavimento della Chiesa, facilmente accessibile attraverso una scalinata, si trovano le catacombe con lo scheletro di un frate dentro una cassa e altri teschi ed ossa umane sparse.

Dalla piazzetta adiacente alla chiesa si può godere uno stupendo panorama che va dal golfo di Milazzo al promontorio di Tindari, fanno da sfondo come in una cornice le Isole Eolie. 

Castello del Valdina, È la testimonianza storico-architettonica più importante e significativa di Roccavaldina, si tratta di una maestosa costruzione sorta inizialmente come struttura difensiva e successivamente ampliata ed adibita a residenza principesca dalla nobile famiglia dei Valdina.

In assenza di fonti documentali non è facile attribuire una data certa alla parte più antica del castello, tuttavia, da alcuni elementi originali ancora leggibili, la costruzione si può collocare intorno al primo Cinquecento.

Il Barone Andrea Valdina nel 1509 appena acquistati i Casali di Rocca e Maurojanni , forse su una preesistente fortificazione di origine normanna, fece costruire l’austera roccaforte con cunicoli sotterranei, strette finestre, pochissimi accessi che rendevano il castello adatto alla difesa dalle incursioni saracene molto frequenti in quel periodo. 

Al più illustre dei Valdina, Pietro, si deve la costruzione dell'ala più recente del castello, tra la fine del 1500 e l’inizio del 1600, un vero e proprio palazzo nobiliare, simbolo della ricchezza che la famiglia Valdina aveva raggiunto in quegli anni. 

Il Barone Pietro commissionò i lavori molto probabilmente al famoso architetto fiorentino Camillo Camilliani , che nello stesso periodo aveva costruito presso la propria bottega di Palermo il monumento funebre di Maurizio Valdina , che si trova nel Duomo.

Per tutto il 1600 il Castello viene abbellito con quadri e opere d'arte, fra le quali sembra un Cristo crocifisso del Caravaggio , che sono andate perdute in seguito alla dispersione dei beni familiari successivi alla estinzione del ramo principale della famiglia. 

Segue un lungo periodo di decadenza nel 1800 il castello viene utilizzato come carcere oltre che come residenza della famiglia Nastasi de Spucches che lo eredita. 

Nel 1908 il terremoto fece crollare l’ala sud-est del castello, che fu restaurata rispettando soltanto la planimetria antica ma alterando per sempre i parametri murali originari.

Ancora oggi si distinguono nettamente le due parti del maniero: il castello, nella parte anteriore, caratterizzato dall’essenzialità, un modulo di chiara tipologia militare dalla planimetria interna rigidamente simmetrica, spoglio di ogni apparato residenziale ed un corpo di fabbrica aggiunto, il palazzo baronale con caratteristiche abitative, addossato sul retro. 

La facciata principale, priva di aperture al pian terreno e con piccole e strette finestre al piano superiore conserva ancora intatto il grandioso portale a sesto acuto. 

Il corpo a pianterreno è di chiara origine militare con il fianco sinistro e la sua torre diviso in cellette carcerarie e quello destro con sala d’armi ed alloggiamenti militari. 

Le 2 torri cilindriche poste ai lati della facciata furono probabilmente addossate alla preesistente costruzione in epoca successiva.

Dopo l'imponente ingresso militare, ci si trova di fronte ad un prezioso loggiato rinascimentale, elemento architettonico di raccordo tra i due corpi di fabbrica, con un monumentale scalone di accesso. 
Il palazzo baronale è caratterizzato da uno stile di transizione tra il rinascimentale ed il barocco. 

Si trovano pertanto elementi decorativi tipicamente barocchi innestati su una struttura stilisticamente più antica, con finestre di derivazione michelangiolesca che alternano nel loro frontone una pigna ed una conchiglia e le proporzioni tozze dei mensoloni dei balconi la cui realizzazione volutamente esuberante anticipa il nuovo mondo del seicento siciliano, in un particolare tipo di barocco. 

All’interno al primo piano numerose stanze ed un salone centrale adibiti a residenza dei Valdina ed una terrazza con vista sul golfo di Milazzo, mentre al pian terreno due grandi gallerie che fungevano da magazzini e stalle per i cavalli. 

Singolari sono i due diversi tipi di merlature, guelfo sul fronte e ghibellino sul lato nord-est. 
Oggi il Castello – Palazzo di Roccavaldina è in ristrutturazione con il fine di trasformarlo in Museo o in Facoltà Universitaria di restauro.    

Fontana Lea, nel 1669 il Principe Giovanni Valdina Vignolo fece costruire il primo acquedotto con tubi di argilla cotta, in tal modo l’acqua fu portata fino alla Piazza retrostante il palazzo dei Valdina. 
Nel 1673 commissionò presso la bottega di Gaspare Serpotta una Fontana, in marmo di Billiemi e fu comprata barattandola con “un vestito di laniglia bianchinuso guarnito d’oro, calzoni e giustocore” e trasporta via mare fino a Fondachello e poi a Rocca. 

La Fontana è formata da una vasca con dodici lati dagli angoli arrotondati ed al centro sembra che all’epoca ci fosse un blocco a forma di pesci che, probabilmente, nel corso dei secoli si sono rovinati. 
Pertanto nel 1895 l’allora Sindaco, Nicolò Nastasi Foca , fece innalzare al centro della fontana un blocco centrale in marmo con 2 fontane ai lati.

Antico Lavatoio, Opera costruita intorno alla fine del 1800 dopo il ripristino del vecchio acquedotto Lea ed è situato lungo la via Lavatoio ed è formato da otto vasche tutte uguali. 

Ha una copertura in tegole poggiante su otto pilastri in muratura, il lavatoio è stato utilizzato dalle donne roccesi fino agli inizi degli anni settanta. 

Nel primo novecento, incredibilmente, le acque reflue venivano vendute ai proprietari dei terreni sottostanti, i detersivi, infatti, all’epoca erano sconosciuti e i vestiti venivano lavati con la cenere che tra l’altro è un ottimo fertilizzante.

Casa Vermiglia,Settecentesco fabbricato residenza della famiglia nobile dei Vermiglia, delle antiche ricchezze rimane solo un soffitto affrescato. 

All’interno è ospitata una collezione di opere d'arte contemporanea proveniente dalla donazione del pittore Nino Cannistraci Tricomi.

Nella donazione, di particolare importanza, spicca un opera del Maestro Antonio Carena (1925/2009), protagonista dell'arte italiana del dopo guerra. Esponente dell'arte astratta del novecento italiano, Carena espone già giovanissimo, nel 1950 alla Biennale di Venezia e nel 1955 alla Quadriennale di Roma.

Monumento a Padre Pio Costruito a cura del Comune nell’anno 2000 per custodire la statua donata da un concittadino emigrato in Canadà. 

Antico Palmento Utilizzato nello scorso secolo, conserva ancora la macina antica con una sola grande pietra, nel 2002 è stato acquistato dal Comune per farne un Museo antropologico .

La struttura in origine apparteneva alla famiglia “Vermiglia”. 

Feste Patronali:

S. Nicola di Bari 6 dicembre

Festa del convito particolare festa in onore di san Nicola e caratterizzata dalla benedizione, sacrificio e banchetto di un vitello, secondo la tradizione, la festa si tiene ogni 10 anni la prima domenica di agosto e i due giorni precedenti.

Eventi Culturali:.

Presepe Vivente

Eventi Gastronomici:

Eventi sportivi:

Autoslalom Torregrotta – Roccavaldina, prova del Campionato italiano e siciliano slalom.

Curiosità:

Mercati e mostre:

Risorse:

Oltre all'agricoltura che è l'attività economica prevalente (agrumi, pesche, olive, uva) e all'artigianato (lavorazione del ferro) presente è anche una piccola industria per la trasformazione di bitumi e calcestruzzi.

Attivo è il commercio di prodotti agricoli.

Centri culturali:

Museo Antica farmacia

La Storia: I vasi sono stati modellati nel 1580 nella Bottega di Mastro Antonio Patanazzi ad Urbino, un’anfora sulla base triangolare porta la dicitura “M. ANTONIO PATANAZI URBINI 1580” 
Su tutti i vasi è presente lo stemma di Cesaro Candia : scudo troncato con fascia arancione mediana, una banda arancione su turchino nella parte inferiore, una colomba bianca e tre stelle arancione su turchino nella parte superiore.

Su molti degli albarelli grandi e medi nella cornice dello scudo è dipinto il nome: Cesaro Candia . Studiosi sostengono che probabilmente era un commerciante messinese che lavorava sulla piazza di Palermo, il quale acquistava i vasi ad Urbino e li rivendeva in Sicilia .

Dal 1580 al 1628 non si hanno notizie della collezione. 

Nel 1628 la raccolta venne acquistata a Messina , ad un’asta pubblica, da un roccese, Don Gregorio Bottaro , per 400 onze e pagata in 4 rate, da un mercante un certo Beninato o Beninati . 

Don Gregorio Bottaro donò il corredo di maioliche alla Confraternita del SS. Sacramento di Rocca con l’onere per quest’ultima di dare gratuitamente le medicine ai poveri.

Al centro della scaffalatura originale degli inizi 1600, si può notare lo stemma della Confraternita, il quadro che raffigura l’Ostensorio del SS.Sacramento.

La Confraternita affittò la Farmacia a diversi erboristi che si succedettero nel tempo, fino al 1852, l’ultimo è stato il Dott. Andaloro . Da allora i vasi furono custoditi dalla Chiesa di Roccavaldina fino al 1900 senza utilizzarli.

Nel 1900 il corredo di maioliche passò nelle mani dell’ E.C.A., Ente Comunale Assistenza, senza essere mai più utilizzato. 

Fra il 1966 e il 1967 tutta la collezione è stata restaurata a Faenza .

Dal 1979 è di proprietà del Comune di Roccavaldina.

Le Notizie : La collezione è composta da 238 vasi, suddivisi in: anfore, albarelli grandi, medi e piccoli, fiasche e brocchette, su molti di essi vi sono raffigurate scene Bibliche, Mitologiche e Storiche tratte da originali bozze degli affreschi di Raffaello nelle Logge Vaticane . 

Mancano sui vasi le descrizioni delle scene, ad eccezione di un albarello grande su cui è scritta la dizione “Como Giove si converse in toro e rapì Uropa” .

All’interno della Farmacia si trovano altri vasi oltre quelli dei Patanazzi, aggiunti successivamente, di varia fattura e dei mortai, degli alambicchi, un bilancino, dei filtri ed altro materiale d’epoca.

I Vasi “Donati” : Nel 1690 il viceré Duca D’Uzeta richiese, esplicitamente al Principe Giovanni Valdina Vignolo , alcuni vasi della Spezieria di Rocca dopo avere avuto notizie della loro alta qualità e bellezza. 

La prima richiesta dei vasi fu del 24 luglio 1690 e già l’8 agosto ci fu un primo sollecito 

Il 12 agosto il Principe confermò l’arrivo a Palermo dei vasi ma il 23 dello stesso mese, il Vicerè ne richiese altri e si raccomandò di sceglierli fra quelli senza difetto e ben grandi. Ma sembra che non ne furono inviati altri.

I Vasi Perduti E “Ritrovati”: Altri vasi della Farmacia di Roccavaldina prodotti dai Patanazzi, si trovano: nel Museo Internazionale di Faenza : n° 1 anfora da mostra proveniente dalla collezione Spitzer e n° 1 albarello proveniente dalla donazione Mereghi;  al Waddesdon Manor in Inghilterra : n° 2 albarelli;  in Francia nel Castello d’Anet : n° 3 albarelli e nel Museo di Cluny: n° 2 albarelli;
nel Museo Duca di Martina alla villa Floridiana di Napoli : n°1 brocchetta; 
un anfora apoda è apparsa sul mercato antiquario nel 1991 ed un’altra è in possesso di un privato.

Museo antropologico

Numeri Utili:

Siti nel Comune:

http://www.cappucciniristorante.it

Impianti sportivi:

Campo di calcio

Strutture Ricettive:

Ristorante Pizzeria Cappuccini tel. 0909977378

Personaggi Illustri:

Principe Pietro Valdina

Come si arriva:

In auto o in pulman:

Da Messina: si consiglia l'Autostrada A20 con uscita al casello di Rometta, proseguire sulla SS. 113, direzione Palermo, fino al bivio di Fondachello Valdina e poi salire verso monte per circa 5 Km.

Da Palermo: si consiglia l'autostrada l'Autostrada A20 con uscita al casello di Milazzo, proseguire sulla SS.113, direzione Messina fino al bivio di Fondachello Valdina poi salire verso monte per circa 5 Km.

 In treno:

la fermata più vicina è quella di Torregrotta poi bisogna proseguire per circa 5 Km in pulman delle autolinee Campagna e Ciccolo.

Cenni storici:

Nel 260 A.C. dopo la battaglia di Milazzo vinta dai Romani contro i Cartaginesi , il territorio circostante Roccavaldina, chiamato “LAVINA” forse perché scorreva un fiume di acque freschissime, fu affidato ad un Tribuno romano, il territorio fu bonificato e disboscato dagli schiavi. 

La città fortificata di Pyxus ora Rometta era lontana e per questo fu costruito un nucleo di casolari di fango e paglia probabilmente vicino all’attuale Roccavaldina chiamato “PAGUS LAVINA” . 

In quest’epoca probabilmente è stato costruito un tempio pagano di cui rimangono i resti di una vecchia fonte battesimale che si trova nel Duomo. 

Successivamente, il PAGUS LAVINA funse da stazione di posta e per il cambio dei cavalli poiché si trovava a metà strada tra Milazzo e (Mylae) e Rometta (Pyxus) ed attorno a questa stazione si formò il nucleo abitativo. 

Con la venuta dei Barbari, l’Impero Romano si divise ed il PAGUS LAVINA toccò all’Impero Romano d’Oriente. 

Nel 476 D.C. Goti e Ostrogoti invasero la Sicilia ed il condottiero Belisario mandato dai bizantini li sconfisse dopo una violenta battaglia vicino Pyxus ed il territorio venne affidato ad un Tribuno Romano. il PAGUS prese il nome di “CASALE DEL CONTE” poiché il Tribuno era un Conte di Palazzo e progressivamente si staccò da Pyxus. 

La dominazione bizantina finisce nel 870 circa con l’arrivo degli Arabi in Sicilia. Il “CASALE DEL CONTE”fu raso al suolo come si usava allora ma gli Arabi non riuscirono a conquistare Pyxus che fu l’ultimo baluardo cristiano a cadere in mano mussulmana nel 967 D.C.. 

Gli Arabi cambiarono il nome da CASALE DEL CONTE a RACHAL ELMERUN ovvero campo di rifornimento.
Nel 1060 arrivarono i Normanni e distrussero RACHAL ELMERUN, il loro re Guglielmo il Buono nel 1168 donò al Monastero di S. Maria della Scala di Messina il territorio chiamato prima CASALE DEL CONTE e poi RACHAL ELMERUN. 

1300 – nei censi di Federico II d’Aragona si trova un Giovanni Rocca fondatore della nuova terra 

1360 – il Protonotaio del Regno Perrone Gioieni di Termini ne veniva investito da Federico il Semplice 

1397 – il Giudice della Gran Corte Giovanni Tarento la acquista per 169 onze da Perrone Gioieni 

1399 – Il Tesoriere della Real Camera Nicolò Castagna acquista in permuta le terre di Rocca e Maurojanni dal Tarento. Lo stato del Castagna si trasmise integro per tutto il 1400 con diverse successioni femminili 

1489 – Gaspare Pollicino se ne investì e frazionò lo stato 

1505 - Gilberto Pollicino acquistò le terre di Rocca e Maurojanni ed il castello di Bauso dal fratello Gaspare. 
1509 – Andrea Valdina acquista le terre di Rocca e Maurojanni da Gilberto Pollicino. Andrea Valdina di antica famiglia Aragonese si trasferì nel napoletano al seguito del re ma poi dovette tornare in Spagna per la sua vita turbolenta. Apprezzato dal Sovrano fu nominato Maestro Notaro della Regia Corte di Sicilia per 2 generazioni, attorno al 1470 si trasferì nell’isola.

Nel 1499 divenne Governatore della Camera Reginale. Nel 1505 fu scelto dal Viceré come capitan d’arme e vicario Generale della Val di Noto contro i Turchi. Alla fortuna con le armi dovette corrispondere una discreta ascesa patrimoniale, neL 1507 comprò da Pietro Orioles la Baronia di Raccuja; 
1515 – Andrea Valdina morì dopo aver posto le basi di una nuova famiglia baronale. Nel corso del cinquecento le successioni tra i Valdina furono rapide a causa delle morti precoci degli eredi di Andrea. La Baronia di Raccuja fu venduta ai Bonfiglio. 

1549 – Andrea II Valdina acquistò per sé e per i suoi discendenti l’Ufficio di Mastro Notaro ed Archiviataro della Regia Gran Corte che il nonno Andrea aveva acquistato solo per 2 vite. Il diritto si era estinto con la morte del figlio Franceschiello Valdina . Anche se Andrea II a causa del suo ufficio era spesso a Palermo. 

In questo periodo probabilmente il Castello assunse l’attuale veste cinquecentesca e nello stesso periodo è stata ripristinata la matrice dedicata a San Nicolò di Mira che era stata danneggiata dai terremoti dei primi anni del cinquecento e fu eretta la torre campanaria che porta la data del 1572. Rocca era una Baronia parlamentare ed i Valdina occupavano il XX° posto nel Parlamento del Regno. 
1577 - Andrea II Valdina morì a Palermo e gli successe Andrea III detto il giovane. 

1589 – Maurizio Valdina succede al padre Andrea III, ma muore all’età di 22 anni. Pietro Valdinasuccede al fratello Maurizio, con lui, uomo di eccezionali talenti militari ed amministrativi, la famiglia Valdina raggiunge l’apice. 

1599 - Laura Ventimiglia appaltò a Camillo Camilliani il monumento funebre per il figlio Maurizio da collocare nella Chiesa matrice di Rocca che fu consegnato nel 1603. 

1600 – Il Barone Pietro amministrava lo stato ed in questo periodo è stata progettata la trasformazione del Castello in palazzo residenziale poi realizzata. Il barone Pietro fu Maestro di Campo del 1° reggimento delle fanterie siciliane nella guerra franco-spagnola per la successione del Ducato di Mantova (1627 – 31). 

1623 – Pietro Valdina diventa Marchese della Rocca con la facoltà di aggiungere il suo nome a quello del feudo chiamato da allora Roccavaldina. 

1637 –1640 - Il Principe Pietro Valdina fu Pretore di Palermo 

1642 – Pietro Valdina trasforma il vicino feudo di Maurojanni in principato e per l’occasione prende il nome di Valdina 

1647 – Il Principe Pietro Valdina fu inviato a reprimere i tumulti nella zona dell’Etna. Il fratello Carlo Balì di Malta prestò a Filippo IV in due riprese 15.000 onze garantite dalle città di S. Lucia del Mela e Rometta. Insoddisfatto alla scadenza mosse col fratello Pietro contro Rometta, ma i romettesi si opposero all’occupazione accollandosi l’insolvenza della corona. Il Principe Pietro fece sposare il suo primogenito Andrea IV con Paola Vignolo erede di un ricco mercante genovese.

1660 – Giovanni Valdina Vignolo ereditò i beni dei Valdina da su padre Andrea IV. 

1692 - Giovanni Valdina Vignolo morì senza figli lasciando un singolare testamento dichiarando erede universale la sua Anima. Si dovevano celebrare 6.000 messe subito dopo la sua morte, e 2 messe quotidiane perpetue nella Matrice di Rocca, nella Cattedrale di Messina e nella Chiesa dell’Arciconfraternita della Madonna del Suffragio in Roma. Si doveva costruire un ospedale con una totale divisione tra donne e uomini, provvisto di un altare per celebrare la messa a vista degli infermi. L’ospedale doveva essere provvisto di medicamenti, di Medico, Chirurgo, Speziale e Barbiere. Le medicine dovevano essere acquistate nella Farmacia di Rocca a metà prezzo. Il sepolcro marmoreo di Giovanni Valdina Vignolo ed il suo busto si trovano nella Cappella di San Nicola nella matrice. 

1703 – Dopo annose liti la carica di Maestro Notaro ed il castello di rocca passarono al cugino più prossimo Francesco. 

1706 – Francesco Valdina fu già costretto a vendere per 100 onze il titolo di Principe di Valdina al Duca di Giampilieri Giuseppe Papè . 

1764 – Giovanni Valdina Vhart figlio di Francesco Valdina fu costretto a trasferire il titolo di Marchese della Rocca al Giurista Camillo De Gregorio . Rimasto semplice Barone vendette pure le Baronie di Rocca e Maurojanni. I successori di Francesco divennero gentiluomini impoveriti che si arrangiavano alla meno peggio per sbarcare il lunario. A metà del 1700 i Valdina non possiedono più il palazzo a Palermo e vivono ritirati a Rocca nel castello che rimase nelle mani dei discendenti per via femminile di Giovanni Valdina Vhart ai quali appartiene ancora oggi – Famiglia Nastasi 

nel 1800 – il Castello viene nominato solo come carcere. 

Si dovette aspettare il passaggio di Giuseppe Garibaldi per risvegliare l’orgoglio dei cittadini roccesi, mortificato dall’oppressione borbonica.

Furono ben 23 i roccesi garibaldini che con coraggio e onore contribuirono alla liberazione della Sicilia. 

Dopo l’unità d’Italia, il Paese fu attrezzato di acquedotto e rete fognaria e di un sistema di illuminazione a carburo. Lo sviluppo economico però, contribuì alla crescita di piccole borgate che ben presto reclamarono la propria autonomia.

E così prima Torregrotta e poi Valdina si staccarono da Roccavaldina diventando Comuni autonomi. 

Oggi Roccavaldina è un piccolo, delizioso e incantevole paese che coltiva con grande impegno la sua naturale vocazione turistica, valorizzando il suo ricco patrimonio di storia, arte e tradizioni. 

 Etimologia (origine del nome)

E' un composto di Rocca e di una parte che si riferisce al nome del marchese Pietro Valdina.

Il Comune di Roccavaldina fa parte di:

Regione Agraria n. 9 - Colline litoranee di Milazzo

Patto Territoriale Tirreno Gallo Niceto

Fonte: Sito istituzionale del Comune di Roccavaldina

 

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