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Venerdì 29 Marzo 2024

Longi

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COMUNE DI LONGI

Indirizzo:Via Roma – 98070 Longi ((ME)

Telefono centralino: 0941485040 - Fax Municipio:0941485401

Stato: Italia

Regione: Sicilia

Provincia:Messina

Zona:Italia Insulare

Latitudine: 38° 1' 42''N

Longitudine: 14° 45' 11''E

Altitudine: 616 m s.l.m.

Perimetro: m. 50.683

Superficie: m². 42.638.392

Comuni limitrofi: Alcara li Fusi, Bronte (CT), Cesarò, Frazzanò, Galati Mamertino, Maniace (CT), San Marco d'Alunzio, Tortorici

Frazioni: Crocetta, Filipelli, Pado, Stazzone

Abitanti: 1620

Densità: 39 ab./km²

Nome di Abitanti:longesi 

Sito Internet: www.comune.longi.me.it

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Codice Fiscale: 84004070839

Codice Istat:083042

Codice Catasto: E674

 

Santo Patrono:San Leone 

Giorno festivo:

Stemma:

Gonfalone:

Da vedere:

Castello Medioevale del sec. XII, la storia del castello medievale ha inizio con il rafforzamento delle strutture militari del territorio, che si verifica tra i secoli VIII e X dopo le conquiste arabe accertano l'esistenza di un insediamento umano a Longi da parte di Cristiani o Bizantini dopo aver abbandonato la zona di Castros.

D'altra parte quando si narra della Rocca di Galati al secolo, l'attuale Longi doveva essere un sicuro rifugio alle scorrerie saracene.

Molto probabilmente fino a questo periodo viene indicata come postazione militare sita sulla parte più strategica e inaccessibile del territorio, cioè fino al torrente Fitalia, postazione che strutturalmente doveva essere costituita da una torre di gusto saraceno, prima, e poi araba-normanna e che in seguito subì degli ampliamenti sull'onda della politica di espansione dei Normanni, e molto probabilmente, di Ruggero II che già nel mese di Giugno 1090 con la consorte Adelasia, portava a compimento la costruzione di una parte dell'eremo di San Filippo di Fragalà ancora esistente e vicino a Longi.

E' chiaro che la presenza di questa dimora, abbia consentito ai primi abitanti di risiedere, testimonianza di una avviata autonomia dell'economia rurale. In realtà il Castello di Longi non ha avuto una funzione precisa, lo testimonia infatti la cerchia muraria difensiva, ma soltanto di sorveglianza, a dominio e difesa di un territorio economico e politico.

La sua importanza sta nel segno che dà agli abitanti del luogo, alla comunità che vive attorno ad esso.

Nel paese tutti dai più anziani ai più giovani, conoscono e si sentono legati ad esso infatti mentre l'Italia settentrionale celebrava il Rinascimento, e con esso le città con facile decadimento dei centri minori e piccoli, Longi contava 177 case e 578, ma sopravvive artisticamente e si avvia lentamente allo sviluppo grazie alle iniziative baronali e alla presenza di qualche artigiano dedito alla attività edilizia e alla preparazioni di addobbi, decorazioni, apparati, ecc.

Il castello oggi non presenta alcun particolare stilistico al quale si potrebbe far riferimento. Solo i resti di una finestra monofora con arco acuto e strombato profondamente mettono in evidenza un elemento strutturale tipico dei Normanni.

La struttura che sovrasta tutto l'abitato circostante e appare sopraelevato da una parte rispetto al livello della strada; ma, della lettera esterna e dalla planimetria è solo un palazzo che nel tempo è stato fortificato per ragioni difensive e che doveva essere autosufficiente considerati gli ambienti adibiti a varie funzioni, come appunto: il cortile, la cisterna, le stalle, i magazzini, le cucine, le camere, ecc.

La parte più antica è quella a nord-est, più vicina al passo del fiume; al picco del torrente dove i muri della base sono spessi 250 cm. e, e in alcuni punti trapezoidali, all'interno e all'esterno. La primitiva struttura doveva essere verosimile una torre di avvistamento.

Al 1600 è relativa la parte del piano terra che si protrae verso la piazza; il portale d'ingresso che sulla chiave dell'arco porta lo stemma in pietra dei Lancia (un leone rampante coronato), il cortile che lega le due parti.

Gli ultimi ampliamenti e i miglioramenti apportati all'intera struttura furono eseguiti tra l'700 e l'800 con la costruzione del piano sopraelevato o cosiddetto nobile, al quale si accede da uno scalone esterno in pietra che costeggia un breve incamminamento ricavato nello spessore della cortina muraria esterna.

All'interno la parte più interessante artisticamente è quella settecentesca abitata fino alla morte dalla Duchessa Zumbo, vedova del N.H.(nobile uomo)Vincenzo Loffredo, Duca D'ossada. Dalla lettura iconografica delle pitture esistenti in alcune stanze, dalle decorazioni, dai mobili e dalle porte si possono dedurre gli ultimi interventi, avvenuti nel secolo scorso dei quali alcuni portati a termine, altri mai ultimati.

Sono due le camere di rilevanza storico storico-artistica; la prima ha un soffitto a crociera delimitato da una cornice dipinta aggettante che forma quattro medaglioni angolari.

Al centro vi e raffigurata, entro schemi architettonici, arricchiti da un drappeggio movimentato e di grande effetto plastico, S. Caterina prostata al cospetto di un re su un trono attorniato da soldati e cortigiani. Degna di nota è di accesso alla seconda camera, intagliata e decorata con figura che dalla foggia dei vestiti richiamano lo stile settecentesco.

La cornice della porta e sormontata da uno stemma araldico scolpito in legno, raffigurante nel campo un giglio e lateralmente due stelle a più punte.

Nell'altra camera vi sono rappresentate, sempre con tecnica con "affresco" soggetti naturalistici e archeologici molto usati dagli artisti del 700 in riferimento al fatto che l'Italia stava vivendo con i primi scavi archeologici in recupero dell'antichità classica greco-romana.

Attualmente il castello e di proprietà della " banca di credito cooperativo della valle del Fitalia " in cui, in alcune ali dell'edificio, sono situati gli uffici principali.

Ciò nonostante le aree del castello di rilevanza artistica e archeologica sono visitabili previa approvazione.

Chiesa Madre edificata nel sec. XVI accanto a un campanilequattrocentesco, dedicata a S. Michele Arcangelo è costruita su un terrapiano e sovrasta la Piazza Umberto I° antistante dalla quale si accede tramite due scale monumentali simmetriche in pietra marmorea locale, al portale d'ingresso.

E' un'architettura molto semplice quasi di gusto popolare costruita in pietra, malta e cocci di cotto e con il tetto a capanna.

Ha tutto il carattere della chiesa votiva eretta, magari, a protezione rituale del paese, il corpo della chiesa molto probabilmente è più antico del campanile che porta inciso e rilievo su un angolo la data di costruzione 1559.

Dalla planimetria, dalla struttura muraria e dai materiali usati si possono però individuare diversi interventi costruttivi, infatti la parte che contiene l'altare e il coro, costruita ortogonalmente, contrasta con tutta la navata centrale che vi si impianta obliquamente.

Questo fa supporre che la chiesa sia stata adattata, nel tempo, alle case che sorgevano attorno ad essa; si nota infatti, sulla parte anteriore del campanile un segno obliquo, come di una falda di casa.

L'attuale parte occupata dalla canonica e dall'oratorio è stata costruita in periodo relativamente recente e così anche la scala esterna destra realizzata nel 1950.

La facciata si presenta asimmetrica con un solo saliente a sinistra mentre il lato destro è occupato dal tozzo campanile di gusto quattrocentesco, recentemente restaurato, con finestra incorniciata da pietra serena ed una cuspide esagonale.

E' animata e impreziosita da un portale con finestra sovrastante in pietra marmorea, realizzato probabilmente nel XVIII secolo.

All'interno la chiesa è la pianta latina divisa in tre navate da pilastri terminanti in archi a tutto sesto che lasciano ammirare gli altri corrispondenti.

Alcune opere presenti in questa chiesa sono di Grande interesse Storico e Culturale nonchè di Grande valore, ad esempio:

Il Coro della Chiesa Madre di Longi è la testimonianza dallo sviluppo politico, economico e sociale che attraversava nel 1700 Longi .

Oltremodo importante e degno di essere inserito nelle pagine della grande storia d'arte e non di quella cosi detta "minore" per due motivi, uno perchè statisticamente e coerente, due perchè e firmato.

Infatti sulla parte superiore del quarto scanno , a destra e riportata la data di esecuzione : 1654. Sul primo scanno di destra, in basso, vi e incisa l'iscrizione : "Mag. Cristoforo Vanaria Nobilis et xemplas urbis messane civis me fecit ", ( fatto dal maestro Cristoforo Vanaria cittadino della nobile ed esemplare città di Messina ).

Il coro occupa la parte absidale della Chiesa abbracciando l'altare con un unica reoria di ventuno stalli ed è stato realizzato in legno di noce intagliato, tranne il riquadro della spalliera, il coro e decorato riccamente da piccoli festoni,  riccioli, foglie acantate, rosette e testine che chiudono i vari braccioli

Il motivo ricorrenti negli scanni è una voluta con ricciolo ripetuto con diverse dimensioni. L'interpretazione delle decorazioni e la struttura generali dell'opera ci riporta ai cori siciliani  del XVI e del XVII secolo ,di gusto napoletano.

L'abbondanza .la ricchezza di motivi ornamentali, profuse quasi in ogni parte,l 'intaglio profondo che rende le varie parti aggettanti e plastiche come una scultura, sono tipiche del gusto siciliano messo in risalto nel  "nostro"  barocco dal Maestro Vanaria (Messinese) potendogli così attribuire un personale e originale linguaggio espressivo.

Nella parte absidale della Chiesa M. sono pure presenti, una parte del soffitto, l'Organo ,la cantoria e l'altare.

Il soffitto a cassettoni in legno dipinto, stuccato e dorato è la testimonianza ultima dell'intera copertura che soprastava, una volta ,la nata centrale.

Lo schema geometrico riprende quello classico del 400,ma la presenza di stucchi colorati o dorati lo riportano al gusto settecentesco.

L'altra opera di un certo interesse è la Cantoria ,datata 1631, realizzata in legno stuccato, dipinto e con dorature, e nel parapetto riporta in pannelli riquadrati motivi simbolici religiosi alternati a figure di Santi ed altre allegoriche che impersonificano il bene ed il male.

Due Opere di Grande importanza presenti nella Chiesa “S. Michele Arcangelo” sono attribuite alla scultura lignea di Giovani Francesco Pintorno, o quantomeno alla sua diretta attenzione, un artista di Pretalia che ormai quarantenne veste , nel 1622 l'abito francescano di Fra Umile.

La prima opera è la Statua del SS. Crocifisso che rappresenta un Gesù in croce a tuttotondo agrandezza naturale e documenta un genere di intaglio, tutto siciliano, usato nella religiosità dei conventi Francescani.

La scultura e un oggetto di meditazione , di devozione e di fede; frate Umile non segue uno stile preciso ma piuttosto coglie l'espressione più alta del misticismo, attraverso la figura del Cristo e ancor più le forme, i lineamenti e l’espressione misericordiosa e dolorosa del volto.

In tutti i crocifissi della scuola di Frate Umile l'avanzare eccessivo delle ginocchia sulle quali posa il corpo esanime non è solo un’esigenza formale e plastica, fissata dall’artista, quanto piuttosto è la trasposizione figurativa  di un versetto di Giovanni che descrive il momento del trapasso di Cristo.

Il rendere in ultimo l'effetto delle piaghe è il momento magico perché ci fa rivivere il fatto storico, è necessario perché la scultura da manufatto diviene allegoria viva e oggetto di adorazione.

La seconda e la una scultura di un  busto  rappresentante  l' Ecce Homo  conservato  in  una  teca  di legno  di  acero  con  intarsi  di  gusto  orientale. 

  1. notare  l'alto  espressivo  del  volto  del  Cristo  smunto  emaciato  afflitto  ma  non  sofferente . 
  2. Cristo  coronato  di  spine  presenta  dei  caratteri  formali  quasi  analoghi  al  Crocifisso  di  Frate  Umile  da  Petralia  di  Galati Mamertino.

Infatti, le  palpebre  abbassate  in  segno  della  morte  imminente, le  labbra  leggermente  dischiuse  che  mettono  in  evidenzia  i  denti,   sono  elementi  iconografigi  tipici  di  come  Frate Umile  rappresenta  il  trapasso  di  Gesù  Cristo.

Le statue di Maria Ausiliatrice (Secolo XVI) e S. Michele Arcangelo (Secolo XVII). La prima attribuita alla Scuola del Gagini rappresenta  la madonna con  in braccio  Gesù bambino ed è stata eseguita  in marmo  bianco e poi dipinto come era in   uso nella  scultura  del  Rinascimento dopo la riscoperta  e l'interesse degli artisti per  la classicità  greca. Nella  mano destra la statua  porta il Bambino e sullo  stesso lato  in basso  accostata  alla veste , la statua  di un putto  , ora mancante , a motivare la  funzione  religiosa  e votiva della Madonna , indicata  appunto come "La Madonna del mutuo soccorso".

La statua di S. Michele Arcangelo è sempre stata ubicata nella Chiesa Madre e dall'analisi formale emergono tutti gli aspetti stilistici dell' arte del 600: dalla torsione del busto , al movimento delle braccia e delle gambe poggiate su nuvole rosate animate da cherubini , ma soprattutto , dal corpo della statua imperniato su un asse e inclinato in avanti .

L’opera realizzata in legno intagliato stuccato e dorato, conserva ancora, alcuni degli elementi simbolici iconografia e storiografia  religiosa del santo quali: lo scudo che regge col braccio sinistro  e la spada con la mano destra nel momento di virare il colpo sul serpente, rappresentante il demonio, che qui non appare , come pure una bilancia per separare le anime.

Rilevate la pregevole fattura della scultura, piccola ma proporzionata e delle decorazione effettuate con fogli doro e soggetti floreali sulle vesti e sui calzari. Per concludere bisogna citare la presenza di tre stupende tele la prima del tardo ‘700 dipinta ad olio rappresenta il “Martirio di  S. Sebastiano” e misura 2,20 x 1,50 m.

L'impostazione compositiva del quadro ricorda l'iconografia rinascimentale per la presenza delle figure in piedi , in primo piano a dimensioni reali disposte a sinistra e a destra , dove appare un cavallo e un cavaliere a riferimento delle origini storiche dal santo che fu soldato romano , ma soprattutto dalla figura di S. Sebastiano  in centro che domina , lievemente sopraelevato , la scena , quasi piramidale.

A questo punto l'affinità artistica col Novelli , attribuita all'opera dal professore S. Franchina e piuttosto lontana se si vuole considerare il fatto che il Novelli si ispirava alle opere di Van Dych  che si trovavano in Sicilia , e ,comunque vicine alla pittura di Rubens già verso il ' 700.

La seconda tela “Le Anime del Purgatorio”  dipinta  ad  olio e datata XVII secolo è attribuita  con  alcune  riserve  al  professore Sebastiano  Franchina,  della  scuola  pittorica  del  Giuseppe  Tommasi  da  Tortorici. 

  1. tela  dal  punto di vista compositivo non  presenta  particolari  innovazioni  figurative.
  2. dominata  dalla  figura  del  Cristo sanguinante  che  regge  sul  ginocchio  la  croce  e  accanto,  quasi  sullo  stesso  piano,  leggermente  arretrata  l ' immagine  della  Madonna,  anch'essa  seduta  . Più  interessante  risulta  essere  la  parte  inferiore  del  quadro ,  dove  sono collocati  appunto  ,  le  anime  in  espiazione  tra  le  fiamme,  e  che  mostra  un  maggiore  pregio  coloristico - spaziale  e   volumetrico .Gli  elementi  raffigurati  nel  quadro  sembrano  dividere  idealmente  lo  spazio  compositivo in  tre  parti ,  occupate  rispettivamente :  delle  anime  dannate,   in  basso,  in  primo  piano dalle  fiamme  che  sembrano  sovrastare  le  stesse  anime  e in  fine  all'orizzonte  segnato da  un  cielo  appena  visibile  un  paesaggio  avvolte  nelle  tenebre,  forse,  a  volere  ricordare la  vita  terrena.

La terza tela “La SS. Trinità “ presenta un impianto strutturale classico rinascimentale, al quale l' artista si è ispirato, dipinta ad olio nel XVII secolo misura 2,00 x 1,20 m. ed è attribuita anch’essa alla scuola del De Tommasi.

La composizione è dominata dalla figura del Cristo raffigurato nel momento dell' abbandono ultimo con il corpo genuflesso sorretto da Dio Padre.

I caratteri iconografici sono essenziali; nella figura del Dio e del Cristo non appaiono, infatti, elementi simbolici che possano darne altri significativi. 

Le figure sono impostate nella tela con uno sviluppo verticale che fa ricordare il gruppo della Trinità di Galati Mamertino.

L'andamento lineare sinuoso e morbido ne sottolinea la forma e i volumi, mettendo in evidenza il corpo del Cristo in primo piano e l' essenziale rapporto luce-ombra.

Le opere, che si trovavano in pessime condizioni, sono state recentemente restaurate ad opera dell'a Arciprete Don Giuseppe Prestimonaco".

Chiesa della SS. Annunziata, fu costruita nel 1857, data scolpita su uno stemma di gusto barocco collocato sopra il portale centrale, dopo che una frana abbattutasi nel 1851 aveva distrutto la Chiesa del SS. Salvatore.

La chiesa chiusa all'esterno presenta una facciata con il tetto a spiovente sottolineato da una cornice in pietra che forma un timpano triangolare ed un portale realizzato anch'esso in pietra locale marmorea.

Sul lato destro si e addossato un campanile, la cui cuspide è stata distrutta da un fulmine.

La pianta della chiesa ricorda quella classica paleocristiana con una sola navata longitudinale e un'abside.

Un'opera molto importante di interesse storico e artistico contenuto in essa è una statua di Madonna in marmo decorata da pitture in oro. 

La statua dell'Annunziata è opera certa dei fratelli Antonino e Giacomo Gagini obbligati da padre ,morto il 31 Marzo 1536, ad eseguire e consegnare l'opera commissionata da un " Cotal Perotto il Notaro della terra di Longi in quel di Tortorici", per la quale Antonello il padre aveva sottoscritto un contratto l'11 Settembre 1534 per il prezzo di ventiquattro once (1.306) e, delle quali ne aveva ricevuti già undici in acconto (1.140.25).

Trascorso il tempo previsto per la consegna della Statua Antonello Gagini fu richiamato  a dovere dal procuratore Filippo d'Alessandro ,mandato espressamente a Palermo dal notaio Perotto.

Questi avendo trovato l'artista in fin di vita non avanzò nessun reclamo. Lo stesso Antonello però promise che la statua dell'Annunziata sarebbe stata eseguita, appunto, dai figli Antonio e Giacomo e consegnata entro il mese di Novembre dello stesso anno.

L'opera si conserva ancora nell'attuale Chiesa dell'Annunziata, ma proviene da un’altra chiesa più antica oggi non più esistente, che sorgeva originariamente nei pressi del Rione Borgo e, precisamente, nell'aria dove oggi si snoda la via Fonte Pubblica.

Recentemente è stata restaurata, sia esternamente che internamente e si presenta in tutto il suo splendore Artistico e Storico

Chiesa S. Salvatore si trovava ancora in fase di costruzione quando il 15 Marzo 1851 venne investita dalla storica frana che coinvolse il paese di Longi.

Dopo la Frana i lavori di ricostruzione vennero ripresi ma non furono portati mai a conclusione.

Recentemente è stata parzialmente ricostruita ed adattata ad ospitare alcune manifestazioni (Recite - Concerti - ecc.) che si svolgono in alcuni periodi dell'anno e che trovano in essa uno splendida cornice storica e architettonica.

Ruderi del Castelo di Milè

Piazza Umberto I° si trova proprio al Centro del Comune di Longi percorrendo il Corso Umberto I° da entrambe le entrate principali del paese.

Particolarmente interessane è la Cupola che si trova sul bordo della piazza che contiene al suo interno degli affreschi finemente realizzati rappresentanti il Comune di Longi inserito nel contesto Naturalistico e Geografico dei Nebrodi e la rappresentazione di Statue in stile Greco-Romano.

In oltre sono da menzionare i vari mosaici e disegni (Ombra della Chiesa Madre) realizzati in marmo che ornano il fondo stradale.

Belvedere Serro è un punto Panoramico di straordinaria bellezza, esso domina tutta la vallata che il Fiume Fitalia ha scavato in secoli di storia facendosi largo tra le impervie montagne dei Nebrodi.

E’ caratterizzato una lunga piazzola ricavata sulla roccia a picco sul fiume, che consente di godere di una vista mozzafiato non solo sulla splendida vallata ma anche sul centro abitato sovrastato dalle sontuose Montagne.

All'entrata si nota subito la realizzazione della Rosa dei Venti che indica i quattro punti cardinali mentre ai lati del cerchio sono rappresentati tutti i segni Zodiacali realizzati a Mosaico, continuando si possono notare altre realizzazioni di mosaici e figure geometriche in marmo e pietra.

"Grotta del Lauro", sita nei pressi di Longi, che risalgono all'età del rame (III millennio a.C.). Notevoli sono i reperti archeologici rinvenuti nella grotta

Festa Patronale:

Festa del SS. Crocifisso e di San Leone (20 Febbraio - Prima Domenica di Maggio)

A continua testimonianza dell'immensa fede dei Longesi tutti, il Protettore S. Leone viene festeggiato solennemente in queste due ricorrenze. Viene portato in processione, su un artistico Fercolo, per le vie principali del paese, seguito da numerosissima e devotissima folla.

Mazzi di spighe, intrecciati con perizia ed arte e offerti dai contadini in segno di ringraziamento per il buon raccolto, ornano la "vara", sulla quale stanno seduti i bambini miracolati dal Santo mentre gli uomini assolvono il voto portando a spalla nuda la pesante "vara", mentre le donne seguono scalze (un tempo andavano nude, avvolte in lunghi, ruvidi e pesanti mantelli di feltro).

Numerose ragazze si adoperano, intanto, ad alleviare la fatica degli uomini tirando la "vara" per mezzo dei "Lazzuna" (corde di fili di seta o di cotone).

La processione è aperta dalle confraternite del Sacro Cuore e del SS. Sacramento. Dura circa sei ore perché i portatori si fermano o indietreggiano ogni qualvolta la banda musicale si concede una pausa. Finalmente, verso le ore 17, dopo il panegirico dell'Arciprete al Serro, si conclude nella Chiesa dell'Annunziata.

Da questa, in serata, il Santo viene riportato nella Chiesa Madre, ancora in processione. Per coprire la distanza fra le due chiese, appena 200 metri, a volte vengono impiegate anche tré ore, al grido ricorrente di "Viva SantuLiu".

L'intercessione del Santo viene invocata anche da numerosi forestieri che, in occasione dei festeggiamenti, vengono a Longi per ringraziarlo delle grazie ricevute.

La fede per S. Leone è sentita e viva in ogni Longese, ancor più nei tantissimi emigrati, che non mancano di mandare ogni anno generose offerte in denaro e oggetti preziosi. 

E' sempre presente in ognuno di noi il racconto, tramandato da generazione in generazione, del miracolo del grande Santo quando, il 15 marzo dell'anno 1851, salvò da una minacciosa frana il paese.

Molti ricordano, inoltre, quando i componenti del Comitato Feste, ispirati in sogno dal S. Leone, ritrovarono l'oro e tutti gli oggetti preziosi che al Santo erano stati rubati nel 1926.

Una Festa in onore di S. Leone Viene anche celebrata a Roma nella Borgata Ottavia ad opera di emigranti Longesi in cui è sempre vivo il ricordo della terra natia e del loro protettore S. Leone.

Per l'occasione si recano a Roma un gran numero di Longesi ed anche la rinomata Banda Musicale "Vincenzo Bellini" di Longi chiamata a suonare per l'occasione

Maria SS. Addolorata (mese di Agosto)

Maria SS. del Carmelo (mese di Settembre)

Eventi Culturali:

Estate longese

Notturno in Montagna la sera del giorno 13 Agosto, sul meraviglioso terrazzo del Belvedere Serro, ci si riunisce per la tradizionale festa danzante indimenticabile e da non perdere, che si svolge ormai da diversi anni (giunti alla 27° Edizione)

Eventi Gastronomici:

Festa D'Autunno (o Sagra della Castagna),

Festa della Nocciola

Sagra del Pane e Formaggio

Sagra del Suino Nero dei Nebrodi (5 gennaio)

Impianti sportivi:

Eventi sportivi:

Corsa Campestre organizzata dal Circolo ANSPI “Padre Tommaso Landi” di Longi (estate)

Raduno Equestre - Cavalcare nel Parco  dei Nebrodi  Longi - Mangalaviti con degustazione di prodotti tipici)

Memorial “Tanino Zingales”  Torneo di calcio

 

Curiosità:

Mercati e mostre:

Fiera del Bestiame che si tiene in contrada Gazzana, a luglio e che richiama allevatori da tutta la Sicilia.

Risorse:

Nel territorio di Longi vengono praticate le colture più diverse dai cereali al frumento, nella zona montana, alla produzione di nocciole, olive, castagne e uva nella zona collinare.

Di importanza fondamentale per l'economia longese è l'allevamento dei bovini, degli ovini, dei suini e degli equini.

Notevole è l'attività di piccole industrie del settore dell'abbigliamento.

Sopravvivono ancora delle caratteristiche botteghe artigiane per la lavorazione del ferro e del legno.

Scomparse del tutto, invece, la bachicoltura e la lavorazione del lino e della canapa, un tempo molto fiorenti.

Centri culturali:

Numeri Utili:

Stazione Carabinieri Longi Tel. 0941.485704

Guardia Medica Longi Tel. 0941.485282

Poste Italiane Filiale Longi Tel. 0941.485484

Siti nel Comune:

 http://www.longiweb.it/

Strutture Ricettive:

Trattorie e Ristoranti

  • Passo Zita, Loc. Passo Zita, tel. 0941 485325
  • Portella Gazzana, Loc. Portella Gazzana, tel. 0941 485648
  • Petrusa, Loc. Portella Gazzana, tel. 0941 485347
  • L'essenza dei Nebrodi, tel. 0941 485570 - 0941 485068

Aziende Agrituristiche

  • Il Vignale, C.da Pado, tel. 0941 485015 - 338 2779383 www.ilvignale.com
  • Casa Filipelli, C.da Filipelli, 0941 485516 - 333 3173271

Bed & Breakfast

  • Nebrodi's, Corso Umberto I°,50,  tel. 0941 485639 - 348 9580802
  • Antico Mulino, Via Santa Croce 29 bis, tel. 0941 485025 - 349 3424964
  • Buonanotte, Via Libertà, 114, tel. 0941 485068 - 348 9580802
  • Il Castello, Via F. Cottone, 29, tel. 0941 485068 - 348 9580802
  • Sogno d'oro, Corso Umberto 1°, 19, tel. 0941 485068 - 348 9580802

Personaggi Illustri:

  • Dott. Ing. Vincenzo Loffredo, il Dott. Guarnera Janni Antonino, il Sig.Angelo Fabio e Francesco Calafiura (tutti Combattenti nella Battaglia di Adua in Etiopia)
  • Magg. Generale Medico Dr. Gartano Carcione (Direttore Ospedale Militare di Palermo)
  • Generale Francesco Zingales (Comandante di Corpo d'Armata pluridecorato al valor militare Monte Sabotino , Dalmazia e Cirenaica)
  • Colonnello Medico Giuseppe Zingales
  • Colonnello Franz Zingales (Vice comandante delle Brigata Folgore e pluridecorato al valor militare el Alamein)
  • Generale Leone Zingales (Magistrato militare)
  • Prof. Antonino Cominata, Medico Chirurgo (docente universitario nell'Ateneo di Milano e combattente nella prima guerra Mondiale )
  • Arcipre Don Ignazio Zingales,
  • Don Calogero Brancatelli,
  • Don Calogero Pidalà,
  • Mons. Don Antonino Valenti,
  • Sac. Don Leone Lazzara,
  • Suor Aurora e Suor Virginia (Suore missionarie rispettivamente impegnate in Brasile e in Colombia)

Come si arriva:

Strade Statali

Longi è a pochi chilometri dalla strada statale 113 che collega Trapani con Messina e dalla strada statale 116 che mette in collegamento Capo d'Orlando con Randazzo (Ct).

Stazione FF SS di riferimento: Zappulla. Distanza dal centro: 15 chilometri

 

Cenni storici:

L'insediamento antropico a Longi è antico e potrebbe risalire almeno nel suo territorio, all'epoca dei Greci perchè questi hanno lasciato nomi di origine greca di alcune località come "Gazzana", "Muely", "Scafi", “Scinà”, “Scagliò” e “Passo Zita”, che denotano inconfutabilmente la presenza delle genti dell’Ellade in zone che offrivano favorevoli condizioni di vita per le buone terre, i pascoli e le sorgenti di acque doviziose.

Evidentemente, molto ridotte sono le testimonianze dei secoli passati.

Quindi il comune di Longi è fra i pochi che, del Messinese e della Sicilia, affonda le sue radici in epoca molto antica se si pensa che nel suo territorio esisteva una roccaforte imponente dal nome "Castros", di matrice greca, che era anche considerata una città sicana, ma non si hanno prove sicure di questo , trattandosi di semplici ipotesi.

Tale fortezza fu attaccata nel nono secolo dopo Cristo dalle orde saracene, i quali ebbero notevoli difficoltà per conquistarla.

Di tale formidabile difesa esistono anche oggi testimonianze quando, a modeste profondità, con lavori agricoli di scavo emergono mattoni ed ossa umane; queste ultime, studiate a Roma per impegno di Padre Sirna, risultarono di epoca anteriore alla nascita di Cristo, ma anche altri reperti tra cui frammenti di antiche anfore e, persino, un pugnale bronzeo custodito nel museo di Siracusa.

Una volta attaccata e distrutta la roccaforte di Castros, probabilmente nei pressi delle attuali Rocche del Crasto, la popolazione si insediò più a valle dove, man mano, raccoltasi, in seguito, attorno al Castello baronale, diede origine all'attuale Longi (dal latino Longius o Longus).

Sicuramente il territorio si prestava bene ad essere abitato perché offriva clima buono,    ricchi pascoli, ubertose terre ed acque abbondanti. Vicino esisteva il convento basiliano di Muely con castello e chiesa,a questo convento, come a quello di Fragalà, venivano assegnati vasti territori e beni rustici dai Normanni ed i terreni divenivano delle vere fattorie con mulini, palmenti e frantoi.

Il Prof.  Francesco Giunta nel libro "Medio Evo Normanno" (Palermo 1982), ci fa sapere che "nel campo dell'agricoltura, che costituiva il fon­damento primo della economia siciliana, Ruggero II cercò di potenziare le situazioni umane già esistenti, contribuendo non soltanto al ripopola­mento delle campagne ma, anche indirettamente, ad accrescere il distac­co fra borghesi e villani, i quali dovevano dare rendite ed essere oppressi da annui fitti".

Questa potente comu­nità era quindi sede di basiliani di cui non si hanno notizie di archivio e che, pare, sia scomparsa poco dopo il mille si pensa addirittura che vicino al territorio di Longi esisteva anche la città di Demenna, patria di un Santo, San Luca, illustre monaco basiliano.

Si ha notizia attraverso un libro di Salvatore Cucinotta, "Clero e popolo nella Sicilia del 600" con il seguente stralcio: "Nel 1650 l'ordine Basiliano era costituito da 25 monasteri, dei quali 18 di antica fondazione normanna e 7 di recente fondazione, cioè dal 1594 al 1620".

Molti monasteri e chiese cadenti furono rinnovati, pur conservando modeste forme architettoniche, quali quelli di Frazzanò, Brolo, Bordonaro, Raccuia, Mandanici, LONGI.

Nelle campagne, dove molti monaci si trasferivano ad aprile per il nutricato del baco da seta, venivano gestite chiesette per la messa e per uffici divini.

Chiudiamo questa parentesi storica basiliana precisando che nel 1759 in un libro di Vito Amico "Lexicon Topograficum" figura a Longi ancora la presenza dei monaci in un ospizio basiliano.

Altre tracce di un lontano passato vi sarebbero state se non ci fosse stata l'ondata devastatrice degli Arabi che distrussero fabbricati, istituzioni cristiane e preziosi archivi storici.

I primi documenti scritti appaiono nel 1220 al tempo della dominazione Sveva di Federico, insieme con quelli di altri Comuni, per passare poi al lungo dominio di casa Lancia, famiglia ricca e potentissima, che aveva nei suoi componenti Federico Lanza, conte di Squillaci e zio, addirittura, di Re Manfredi di Svevia, intorno al 1258.

Quindi, il Comune di Longi risale a epoca lontana, quando in tutta la Sicilia erano poche le comunità esistenti perchè la maggior parte dei Comuni sorsero nel secolo XVII, per autorizzazione di principi e baroni dell'epoca.

Le sue più remote documentazioni sulla consistenza della popolazio­ne risalgono al 1277 perchè Longi, in una tabella di tasse riportata nel saggio "Terre e uomini del Medio Evo" di Francesco D'Angelo in rivista medioeva­le n. 6, figura assieme a Galati per il pagamento di onze 41.

Poiché per ogni famiglia si pagavano 6 tarì ed ogni oncia era composta da 30 tarì, attribuendola Longi 20 onze, risulta un numero di cento fami­glie, calcolando 5 persone a famiglia.

I lavoratori della terra erano anche tenuti ad un pagamento in natura e, pertanto, Longi doveva consegnare 20 suini.

Le condizioni dei tributi erano pesanti ed insopportabili pertanto nascevano rivolte e i contadini erano costretti ad abbandonare le campagne, come successivamente sarà fatto rilevare con casi specifici su Longi.

Uno dei più antichi documenti è quello del Re Pietro d'Aragona del 6 ottobre 1282 -1 XX- Messina- indizione XI. Con tale lettera il Re invita gli uomini di tutte le Università (Comuni) a recarsi a Messina per pagare al fodro (tributo) corrispondente. 

Con la stessa lettera, inoltre, il Re invita le terre ed i casali affinchè mandino un determinato numero di arcieri. Il 9 febbraio 1283 con lettera n. DXLIX- ME indizione XI. Lo stesso Re invita i Baiuli, i maestri giurati ed i giudici di sei comu­ni, tra cui Longi, a pagare all'arcivescovo di Messina... vettovaglie e denari…

Al successivo re Federico di Aragona e con lettera del 10 Novembre 1291 da Catania, indizione V, viene concesso a Riccardo Loria, grande ammiraglio siciliano che combatté in aiuto di Carlo d'Angiò, il castello e il casale Longi in Valdemone.

Tale concessione viene anche confermata da Giacomo Il di Aragona da Saragozza (Spagna) il giorno 8 settembre 1293.

Il 13 ottobre 1356 da Catania, indizione X, il re commette a Pietro de Mauro, messinese, durante la vita l'ufficio di esaminare i conti della città, terre, e luoghi dell'isola.

Dopo i Vespri del 1282, viene incoronato re di Sicilia Pietro d'Aragona, genero di re Manfredi di Svevia il quale era nato nel 1232 da Bianca di Lancia ed era nipote di Federico di Lancia, in quell'epoca signore di Longi.

XIV-XV - Da notare in questi 2 secoli alcune coincidenze significative. Nel 1408 cola biografia del barone Blasco Lancia, si parla delle feste di S. Leone patrono do Longi e di una grande fiera. Ciò dimostra l'esistenza della chiesa madre costruita sicuramente alla fine del 1300.

Della stessa epoca doveva essere la chiesa dell'Annunziata che sorgeva nei pressi del rione Borgo.

Nel 1438 viene costruita una casa di residenza estiva a Bonaiunta con una chiesetta vicina.

Il barone di quel periodo è Corrado Lancia. Re Martino I nel 1404 fa ampia concessione a Blasco Lancia per i suoi grandi nobili fruttuosi servigi e la sua fedeltà al re I. Infatti nel 15 secolo i baroni ebbero ancora di più la così detta alta e bassa giurisdizione e la "gladi potestas" per cui fu loro lecito nel territorio di pendi senza licenza regia o di ufficiali regi, elevare "furcas et perticas" per questo esiste nel immediate vicinanze di Longi il così detto "piano della forca" luogo in cui era presente una forca fatta erigere da Blasco Lancia.

XVI XVII – Sono stati due secoli turbolenti per rivolte contro il vicerè e i baroni, (infauste per banditi) carestie e siccità. Nel contesto di questi secoli figura la comunità di Longi coinvolta nelle varie vicende dell'epoca.

Lo storico e illustre archivista Carmelo Traselli ci dà uno spaccato significativo ed esauriente. Di queste vicende infatti in alcuni capitoli vi sono precisi riferimenti a Longi : una siccità grave era intervenuta tra il 1491 e il 1515, in diversi comuni manca l'acqua. Manca il grano a Patti, Tortorici, Enna, Caltagirone, Ucria, Longi ed altri centri.

Nello stesso anno viene segnalata una gelata, nel 1513 produzione negativa degli uliveti. La povertà si estende a macchie d'olio e colpisce i più grossi proprietari.

Nel 1516 avviene una rivolta politica per... il gravissimo malessere economico che aveva colpito gli agricoltori e di riflesso gli artigiani, i mercanti ed i feudatari, cioè tutta la Sicilia in qualche modo attiva, compresa la popolazione di Longi.

Sembra abbastanza provato che una siccità protrattasi per molti anni, rovinò i raccolti e provocò stragi di bestiame tra la fine del XV ed il primo quarto secolo del XVI.

Nella seconda metà avvengono grandi alluvioni che favoriscono luoghi le paludi e la malaria. Avvenne una pestilenza per un infezione arrivata da levante, insieme con i cavalieri profughi di Rodi.

In Sicilia orientale, in alcuni luoghi, distrusse la maggior parte della popolazione. Probabilmente avrà anche colpito la comunità di Longi ma non abbiamo documenti relativi.

In seguito nonostante tutto vengono costruiti mulini, vengo istituite fiere e nei primi decenni del secolo, vengono concesse, secondo lo storico Garifi 24 licenze di popolamento. Nella vallata di Longi sorsero infatti 3 mulini ad acqua e un drappificio.

Però, la situazione interna dell'isola, come riferisce lo storico Francesco Giunta nella "Sicilia Spagnola", rimaneva grave per il sopravvento del brigantaggio che minacciava seriamente il commercio interno.

Il vicerè Gonzaga tornato in Sicilia provvide al ripristino della pubblica sicurezza , con speciale corpo armato.

Ma la sua permanenza fu breve Carlo V richiamava il Gonzaga e inviava nell'isola Giovanni de Vega, uomo dalla maniera forte, il quale provvide subito a restaurare la l'autorità pubblica nel regno, punendo severamente tutti coloro nobili e magistrati, che si erano resi colpevoli di abusi, gli anni successivi furono anni di minaccia da parte dei turchi.

A volte queste incursioni arrivavano fino all'interno, per cui a Longi, come dichiarano i documenti sulle investiture feudali dell'epoca, esisteva oltre il castello, una torre destinata evidentemente alla difesa dell'abitato.

Quell'epoca è caratterizzata anche da episodi di malcostume politico perché funzionari, come segretari del regno, accumulavano denaro, comprando feudi.

Le chiese sono in rovina, l'usura è praticata da uomini e donne, vi sono debiti, molti anno soltanto "pedas et dentes" e dovrebbero morire in prigione , mentre si spopola.

Proprio in quest'anno "col pretesto dei Turchi dei Mori, fu affidata la capitaneria d'armi a Francesco Ventimiglia (appartenente alla più potente famiglia di Sicilia) per reprimere banditi, facinorosi, omicidi e ladri in mezza provincia di Messina e mazza provincia di Catania, tra cui Longi.

Ai colpevoli di reati veniva inflitta una tortura consistente in battute di corde oppure la decapitazione.

XVIII - Il Re poteva disporre dei beni dei baroni come propri; le concessioni feudali non trasferivano la proprietà patrimoniale del territorio infeudato, ma la semplice Signoria; non erano ammessi più di 4 gradi nelle successioni feudali; non era consentita l'alienazione dei feudi, ne i vassalli dei baroni cessavano d'essere sudditi del Re.

Fin dalle prime guerre contro le varie Signorie meridionali dispose di truppe stabili e non feudali. Ogni Comune aveva nelle sue consuetudini o statuti le disposizioni riguardanti la "xiurta" (uscita di notte).

La giornata era segnata e divisa da diversi suoni di campana: alle ore 6.00, un'ora prima dell'alba, suonava la campana del castello alla quale all'alba seguiva quella della chiesa Madre per il Pater Noster e la Salve Regina: seguivano la nona a mezzogiorno e il vespero alle ore 19, il Credo alle ore 21, la compilta alle ore 23 e l'Ave Maria alle ore 24.

Ovunque erano boschi, e nei luoghi più aspri abbondavano daini cinghiali e camosci fino al 1750. Tradizioni orali parlavano di cervi, nelle zone Nebrodi e di lupi altrove. I rapporti tra Re e baroni diventati, con li tempo alquanto tesi ,come pure lo erano tra baroni e dipendenti nelle terre e tra gli abitanti della comunità, soffocata tasse ed angustiata da carestie.

Tale questione siciliana, dice il Pontiere, esisteva...fin dagli ultimi del secolo XVIII da quando la ridesta Monarchia borbonica in ingaggiò una lotta furiosa contro il baronaggio isolano, per abbattere il predominio feudale.

Quella lotta ebbe il suo epilogo con la soppressione definitiva dell'autonomia e con totale trasformazione delle istituzioni medioevali nell'isola, fra cui quella di Longi.

XIX-XX - Dal dizionario corografico dell'Italia a cura del prof. Amato riportiamo: "Longi conta nel 1861, 1510 abitanti, nel 1864, 1583, la sua superficie è di 2666 ettari. Con decreto reale del 1865 fu7rono staccate da questo comune gli ex feudi Botti e Mangalaviti (ab.218) e Aggiunti al comune di Alcara. (Tali feudi furono Poi restituiti a Longi).

La guardia nazionale Longese contava su una compagnia con 60 militi attivi e 60 Di riserva, totale 120 militi. La mobilizzabile Era di sette militi. Gli elettori politici erano iscritti nelle liste elettorali Del collegio di Naso.

Nel 1863 erano 9. L'ufficio Postale era a S. Agata Militello. Longi apparteneva Alla diocesi di Patti. Il suo territorio era feracissimo In cereali, castagne, viti e gelsi , i cui prodotti venivano esportati.

Possedeva un pio istituto per istruzione gratuita ai maschi ed un istituto di somministrazione di pane ai poveri, fondato nel 1664 da un precedente dizionario geografico statistico e biografico della Sicilia, di Antonio Busacca, del 1858 e, quindi in periodo borbonico, ricaviamo le seguenti documentazioni : "Longi è nel Valdemone, intendenza di Messina distretto e diocesi di Patti, da cui dista 31 miglia, 75 da Messina e 105 da Palermo.

Esporta seta, Lino, e castagne. Territorio salme 994". Il colera fa la sua apparizione svariate volte nel 1800. Una epidemia che molti ricordano è quella del 1918, detta per la sua estensione pandemìa influenzale o spagnola o febbre russa che causò numerose morti.

Nel 1827 una spaventosa alluvione colpisce Longi. Seguirà nel 1851 una spaventosa frana che segnera inesorabilmente il destino del piccolo paese. Infatti correva l'anno 1851 le piogge erano state frequenti ed abbondanti come le nevicate.

Con l'approssimarsi della primavere e con il conseguente disgelo i torrenti erano gonfi, le sorgenti insolitamente generose, la terra pregna d'aqua.

Si apri, agli inizi di Marzo, una preoccupante fenditura lungo tutto il costone della montagna che sovrastava Longi, in seguito lentamente prima e poi sempre più minacciosa un'enorme massa di terra mista a enormi massi si stacco dalla montagna e comincio a scendere a valle investendo il malcapitato centro urbano.

Il primo ad essere travolto fu quanto era rimasto dell'antico convento Basiliano sito in contrada S. Maria poi alberi, isolate case rurali e via via casolari rifugi per armenti fino a quando la frana non investi le case del quartiere "Cittatedda".

Vennero travolte anche la chiesa del SS. Salvatore (tranne il campanile che in seguito venne ricostruita ma lasciata incompiuta) mentre la chiesa dell'Annunziata, già scossa e danneggiata da precedenti terremoti, ricevette il colpo di grazia (in seguito venne ricostruita nell'attuale piazza Generale Moriondo dove ancora sitrova e recentemente restaurata).

Stando ai racconti popolari in seguito la frana venne fermata dall'intervento provvidenziale del nostro amato protettore S. Leone , che venne portato in processione dinnanzi all'immane forza della natura a protezione della sorte del nostro amato paese (in seguito la via venne chiamata proprio 15 Marzo 1851 e recentemente è stata posta una Targhetta commemorativa).

Nel sec. XX gran parte del popolo di Longi specialmente le più belle e giovani forze per mancanza di lavoro e per ricorrenti carestie, hanno dovuto emigrare in altri paesi.

A cavallo, infatti del 1800 e 1900 una crisi di una certa consistenza, investi i centri della provincia di Messina e della Val Demone in generale. Provocando l'emigrazione della gente in altre zone in cerca di lavoro e di una nuova vita.

I motivi che spinsero ad emigrare i Siciliani, e quindi molti degli abitanti di Longi, furono le condizioni fiscali, la crisi agricola e la mancanza di lavoro.Più del 93 % degli emigranti erano diretti in paesi oltre oceano, e specialmente negli Stati Uniti, dove, come è noto, si costituirono fiorenti colonie, specie nelle grandi città.

Un fenomeno analogo si è ripetuto dopo la fine dell'ultima Guerra mondiale, negli anni quaranta e sono anche venuti fuori altre vie d'espatrio in Europa e in Italia.

Non molto tempo a 42 emigranti in Argentina, con finanziamento della Regione Sicilia, sono venuti a Longi in occasione delle feste principali. E' stato un incontro meraviglioso nella cornice bella e festosa della Città natia in uno sfarzo di luci suoni e spettacoli in onore di questi amati figli in cerca della loro originaria residenza.

Con questa azione il governo Regionale ha voluto onorare questi cari emigrati offrendo loro la possibilità di rivedere i luoghi natii.

Ci si aspetta sempre che, altri longevi vengano dalle terre che li ospitano oggi, a rivisitare la cara e mai dimenticata LONGI.

In fine grande è stato il tributo di sangue che Longi ha offerto in occasione della prima e della seconda guerra Mondiale, per la difesa e la gloria della nostra patria.

fonte:  http://www.comunelongi.it/

Etimologia (origine del nome)

Deriva dal latino longus, ossia lungo, riferendosi alle dimensioni del terreno.

Il Comune di Longi fa parte di:

Regione Agraria n. 2 - Nebrodi nord-orientali

Parco dei Nebrodi

Consorzio Intercomunale “Dei Casali Filangeri”

 

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